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da Casa Madre Istituto Missioni Consolata Anno 96 - N.02 Febbraio Perstiterunt in Amore Fraternitatis

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Anno 96 - N.02 Febbraio - 2016

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Da Casa Madre

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FRAMMENTI DI LUCE

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P. Giuseppe Ronco, IMC

LA TRADIZIONE SPIRITUALE SIRIACA

Nomi di antiche città come Baghdad, Kirkuk,

Mossul (l’antica Ninive), Damasco e Aleppo, conosciuti in passato da pochi specialisti, con l’emergere del Medio Oriente nei fatti di cronaca quotidiana, sono stati portati alla conoscenza dell’opinione pubblica mondiale e sono divenuti noti a tutti.

In passato queste città hanno veicolato messaggi legati a eventi biblici e fatti storici di civiltà antichissime, mentre ai nostri giorni hanno fornito informazioni legate ai drammi della guerra, dell’emigrazione in massa, della catastrofe umanitaria.

E’ stato portato alla conoscenza di tutti l’esistenza di intere comunità cristiane perseguitate a causa della religione, di cristiani uccisi, di vescovi rapiti, di monaci e monache imprigionati, di case, di edifici di culto e di monumenti storici di rilievo rasi al suolo dalla furia irresponsabile e crudele dei fondamentalisti islamici. Il mondo intero si è indignato davanti alla distruzione dei mausolei dei profeti Giona, Daniele e Seth, e soprattutto del monastero di San Giorgio, con la sua tomba, a Mussul.

Unico elemento positivo di questo dramma è che la comunità internazionale ha preso coscienza dell’esistenza in questi luoghi di una variegata comunità cristiana prospera e fervente, capace di suscitare martiri per la fede.

Ad essa appartengono i cristiani delle chiese di tradizione siriaca, Siro Orientali Caldei e Assiri, Siro Occidentali ortodossi e cattolici, Maroniti e di altre ancora.

L’elemento che le unisce e le accomuna è la lingua siriaca, varietà di aramaico parlato ai tempi di Gesù, usata principalmente nella liturgia. La lingua parlata, invece, è l’arabo, divenuto comune dopo l’invasione islamica.

L’attività missionaria

Da sempre queste chiese ebbero un amore grandissimo per la Parola di Dio. Eredi delle chiese giudeo cristiane delle origini, hanno elaborato una teologia strettamente legata alla Bibbia, libro per eccellenza di ogni cristiano. “Una fontana alla quale tutti vanno ad abbeverarsi e lo specchio in cui si cerca il volto proprio e quello

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di Dio” (S. Efrem, Commentario sul Diatessaron). La loro attività missionaria, poco conosciuta, fu però vasta e di grande rilievo per l’inculturazione del Vangelo. “Da Antiochia, Edessa e Seleucia-Ctesifonte (vicino all'attuale Baghdad) sono partiti missionari che hanno raggiunto l'intera penisola arabica (deserto siriano, Emirati, Yemen, Qatar, Bahrain, convertendo alla fede in Cristo intere tribù di lingua araba, ben prima della nascita dell'Islam); hanno raggiunto l'Iran, varie regioni lungo la via della sera (Uzbekistan, Afganistan), l'India occidentale; alcune tribù mongole dell'Asia centrale, il Tibet e la Cina. Non furono solo evangelizzatori, ma anche "adattatori" del messaggio evangelico alle culture e alle lingue che incontravano. Soprattutto in estremo oriente, seppero adattare l'annuncio cristiano al linguaggio buddista delle popolazioni locali. E tra i mongoli nomadi, seppero trovare un nuovo modo di essere chiesa, con vescovi, preti e chiese mobili, che si spostavano insieme ai loro fedeli.

Si tratta dunque di una realtà tutt'altro che ripiegata su se stessa e sulle proprie particolarità linguistiche e liturgiche; e ci ha lasciato esempi di inculturazione e di dialogo interreligioso dal quale ancora oggi avremmo molto da imparare” (S. Chialà, Introduzione alla spiritualità siriaca). E’ illuminante studiare dal punto di vista missionario la figura di due grandi santi siriaci, Efrem e Isacco di Ninive, per apprendere metodologia e contenuti sbocciati in quest’area medio orientale, ma validi ancor oggi per tutti.

Sant’Efrem il siro

Uomo austero, venerato come santo dai cristiani del mondo intero, ma in particolare dalla Chiesa ortodossa siriaca e dalla Chiesa cattolica sira, venne riconosciuto dottore della Chiesa cattolica nel 1920 da papa Benedetto XV nella sua enciclica Principi Apostolorum Petro del 5 ottobre.

Nato a Nisibi attorno al 306 in una famiglia cristiana, si formò e crebbe accanto a Giacomo, Vescovo di Nisibi (303-338). Ordinato da lui diacono, subito fu nominato professore (in siriano malpānâ, titolo ancora molto diffuso

presso la chiesa siriana) nella nascente scuola teologica della città. Nel 363, anno in cui Nisibi cadde nelle mani dei Persiani, Efrem emigrò dapprima ad Amida, attuale Diyarbakir, per poi insediarsi nel 363 a Edessa, attuale Şanlıurfa. Morì sessantenne in questa città il 9 giugno 373, vittima del contagio di peste contratto durante la cura degli ammalati.

Efrem scrisse opere di teologia, di esegesi e di poetica.

Dal punto di vista dell’evangelizzazione, il suo contributo principale fu nel presentare la teologia in forma nuova e nell’usare un linguaggio

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inculturato per trasmettere la fede.

La teologia, per Efrem, non consisteva in pura speculazione, ma nel chinarsi umilmente sul mistero di Dio, contemplandolo in preghiera. “La ricerca che la chiesa deve fare è quella di piegarsi sulla rivelazione e non di scrutare le cose nascoste” (Efrem, Inni sulla fede 8,94).

Dio infatti rimane sempre inconoscibile e indefinibile dalle nostre parole: di lui si può parlare solo usando simboli e paradossi. Lo si trova nella quotidianità della vita, perché ogni cosa parla di Dio e la teologia ha lo scopo di mostrare la strada per incontralo. “Dovunque volgi i tuoi occhi, là c'è un simbolo di Dio; dovunque tu leggi, là troverai i suoi tipi” (Efrem,

Inni contro le eresie 20,12).

Col passare del tempo, la sua teologia adottò un linguaggio inculturato, usando la poesia come mezzo di espressione. Vedendo la grande ignoranza del popolo in materia di fede e incontrando le sofisticate eresie che prolificavano nella città di Edessa, Efrem si rese conto che il popolo aveva bisogno di una proclamazione di fede chiara e semplice e trovò nella poesia il mezzo propizio.

Compose così l’opera poetica degli inni, con la finalità di catechizzare la gente semplice, di fornire canti liturgici che esprimessero la fede in preghiera, facilitandone la memorizzazione con il canto. Era infatti convinto che la liturgia non fosse soltanto il momento della celebrazione della fede, ma anche momento di catechesi e di trasmissione della fede stessa.

Secondo la testimonianza di Jacob di Serugh, anch’egli siriaco, Efrem fu il primo a proporre il canto nella liturgia, musicando gli inni su arie di musica popolare siriana e facendoli cantare anche da cori di voci femminili.

Efrem è la cetra dello Spirito Santo. “Il Signore venne in lei

per farsi servo. Il Verbo venne in lei per tacere nel suo seno. Il fulmine venne in lei

per non fare rumore alcuno. Il Pastore venne in lei ed ecco l’Agnello nato, che sommessamente piange. Poiché il seno di Maria ha capovolto i ruoli:

Colui che creò tutte le cose

ne è entrato in possesso, ma povero. L’Altissimo venne in Maria,

ma vi entrò umile.

Lo splendore venne in lei, ma vestito con panni umili. Colui che elargisce tutte le cose conobbe la fame.

Colui che abbevera tutti conobbe la sete.

Nudo e spogliato uscì da lei, Egli che riveste tutte le cose» (Inno sulla Natività 11).

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Isacco di Ninive

Isacco di Ninive visse nel VII secolo. Nacque a Bet Qatraye l'attuale Qatar nel sud dell'Iraq, e si dedicò fin da giovane alla vita monastica. Nel 676 Mar Giorgio, catholicos di Seleucia Ctesifonte lo consacrò vescovo per la chiesa nestoriana di Ninive, città posta sulla riva sinistra del Tigri di fronte all'odierna Mossul nel Nord della Mesopotamia, ma per motivi sconosciuti si dimise dall’episcopato dopo solo cinque mesi. Si ritirò sul Monte Matut come eremita, per poi passare al monastero di Raban Shabur nell’attuale Iran. Uniche sue preoccupazioni erano la formazione di cristiani e monaci che venivano a chiedere consigli, la preghiera e lo studio delle Sacre Scritture. Morì, cieco, in tarda età.

Tutto l’Oriente cristiano ha sempre venerato Isacco come un santo mistico, ottimo conoscitore del cuore umano.

Di lui ci restano tre collezioni di omelie rivolte a monaci eremiti e a laici, veri capolavori di letteratura cristiana.

L’esempio missionario che dona sta nel suo entusiasmo di evangelizzatore che vuole la salvezza di tutti e nei contenuti che trasmette. Tutto per lui si riassume nell’annuncio della misericordia Dio che è amore e nell’invito ai cristiani di vivere questo tratto fondamentale del volto di Dio. E’ stato un evangelizzatore dell’essenziale!Credere che “Dio è misericordia” è da lui considerato un articolo della nostra fede (cfr Prima Collezione, 6). E la passione e morte di Cristo altro non sono che causa e modello del nostro amore. “Perché Cristo si sarebbe disteso sulla croce in favore dei peccatori, consegnando il suo corpo santo alla sofferenza in favore del mondo? Io dico che Dio ha fatto questo per un solo motivo: far conoscere al mondo il suo amore; perché fossimo fatti prigionieri di questo suo amore, tramite quel nostro grande amore che viene dal fare esperienza di ciò. Perché la grande potenza del regno dei cieli, che è l'amore, tramite la morte del Figlio, fosse la causa del nostro amore” (Centurie IV, 78). La croce è innanzitutto esegesi, espressione, dell'amore di Dio per l'umanità. Isacco vuole

mostrare al mondo sin dove giunge l'amore di Dio per noi e come Dio sia dolce con i cattivi e con coloro che rinnegano.

La vocazione del cristiano è risposta a questo amore e consiste nell’annunciare la misericordia di Dio a tutti, nel viverla con la parola e la vita, nell’implorarla per tutta la creazione, partecipando alle gioie e alle sofferenze di tutti gli uomini.

“Sii un perseguitato, ma non uno che perseguit Sii un crocifisso, ma non uno che crocifigge. Sii un oltraggiato, ma non uno che oltraggia. “Sii un calunniato, ma non uno che calunnia. Sii pacifico e non zelante. Persegui la bontà. Rallegrati con chi si rallegra e piangi con chi piange. Con i malati, fatti malato; con i peccatori,

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affliggiti; e con coloro che si convertono, gioisci! Sii amico di ogni uomo, ma solitario nel tuo pensiero.

Unisciti alla sofferenza di ogni cosa, ma con il tuo corpo tieniti lontano da ogni cosa” (Prima collezione, 74).

Per Isacco, l’annuncio del Vangelo è dare speranza ad ogni essere umano, perché il Vangelo è una buona notizia e non una parola di condanna. Celeberrima è la sua riflessione sulla fiducia da avere in Dio, anche quando l’oscurità del peccato ci attanaglia e ci fa cadere in disperazione.

“Chi potrà ancora essere turbato dal ricordo dei suoi peccati che getta nella mente il dubbio: "Dio mi perdonerà queste cose che mi angosciano e il cui ricordo mi tormenta? Cose nelle quali, anche se mi fanno orrore, mi lascio andare sempre di nuovo? E che quando sono state commesse mi causano una sofferenza più forte del morso di uno scorpione? Le ho in abominio, eppure mi ci trovo lo stesso sempre in mezzo, e quando me ne sono dolorosamente pentito nondimeno ci ritorno, disgraziato che non sono altro!". Ecco quello che pensano molte persone timorate di Dio, che aspirano alla virtù e sono pentite del loro peccato, quando la loro debolezza le obbliga

a fare i conti con le cadute che essa provoca: vivono tutto il tempo bloccate tra il peccato e il pentimento. Ma tu non dubitare della tua salvezza ... La sua misericordia è ben più vasta di quanto tu la possa concepire, la sua grazia più grande di quanto tu non osi chiedere”

(Seconda collezione 40,15-17). Salva la nostra terra, Signore O nostro re, accogli la nostra offerta e in cambio donaci salvezza.

Dona pace alle terre devastate e ricostruisci le chiese incendiate. Sì, quando avremo la grande pace ti faremo una grande corona. Allora verranno da tutte le parti con fiori intrecciati in corone per incoronare il Re della Pace. Come ha fatto, così farà. (Efrem il Siro, Inni Pasquali)

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BEATA IRENE STEFANI

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P. Gottardo Pasqualetti, IMC

OMELIA

In questa vigilia della solennità di tutti i Santi,

diamo precedenza alla Beata Suor Irene Stefani, morta proprio nella notte del 31 ottobre, che apre a questa festa. Vogliamo esprimere la gioia per la sua Beatificazione, la prima tra Missionarie e Missionari della Consolata. Questo richiama la tensione del Beato Giuseppe Allamano. Fin da seminarista proponeva: «Voglio occuparmi dell'unico affare: farmi santo, presto santo, grande santo». E questo è stato poi il punto basilare del suo insegnamento ai membri dei suoi Istituti missionari. La Beatificazione di Suor Irene ci richiama come dobbiamo essere. Come sempre la Parola di Dio proclamata nella Messa ci aiuta a comprendere le caratteristiche della celebrazione, in questo caso della Beata Irene. Ma le troviamo sinteticamente espresse anche nella preghiera della Messa, che esprime la peculiarità di una persona santa. E su questa ci soffermiamo. La preghiera della liturgia evidenzia il binomio su cui la Beata Irene ha percorso tutta la sua vita. Anzitutto, ha avuto un "ardente desiderio di essere tutta e sempre di Gesù". Lo attestano i suoi scritti e propositi di vita, nei quali troviamo scritto, rivolgendosi al Signore: "Tu sei l'unico mio bene"; "Se avessi mille vite tutte sarebbero per te " "Te solo amerò; te solo servirò" "Voglio essere tutta di Gesù, per Gesù e con Gesù". Desiderava essere "Irene di Gesù", sperando che Lui dicesse: sono

"Gesù di Irene". E anche questo era quanto il Beato Allamano da giovane proponeva per sé e poi trasmise ai membri dei suoi Istituti, di avere Gesù come "norma e regola" di vita. Per Suor Irene non si è trattato soltanto di un desiderio. Lo confermano i testimoni che sono vissuti con lei e dicono: "Era tutta del Signore" "Era tutta tesa alla santità e tutta impegnata a raggiungerla" "Aspirava a divenire sempre più di Gesù" "Tutta la vita consumò per attestare al buon Dio l'ardente amore che la divorava". Che questo sia stato l'obiettivo primo della sua esistenza lo indicano anche le sue ultime parole prima di morire. Quasi con soddisfazione si compiace di essere arrivata alla meta, desiderata, dicendo: «Sono tutta di Gesù ora e sempre per tutta l'eternità».

Ne vengono delle conseguenze

1. Annuncio del vangelo. L'anelito di essere tutta del Signore la condusse a dedicarsi all'annuncio del vangelo tanto da essere chiamata dagli africani: "la grande evangelizzatrice", che parlava di Gesù come il respiro a tutti quelli che incontrava, perché aveva "Gesù stampato nel cuore", come auspicava l'Allamano per i suoi missionari. 2 . Aiuto a chi era in necessità. Come non conobbe limiti alla dedizione a Dio, così si comportò verso tutti, specialmente i più bisognosi. Si

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sottolinea che: correva immediatamente, volava velocemente, quando sapeva che qualcuno aveva bisogno di aiuto. Niente la tratteneva, giorno e notte, caldo e freddo, stanchezza o indisposizione. Se qualcuno veniva a chiamarla per un malato, lei accorreva scattante senza pensarci due volte. E poi, «accanto a un malato dimenticava tutto; il suo zelo era irrefrenabile» (Gian Paola Mina). Così, nella vicenda degli ospedali militari, senza guida e norme di comportamento «non aveva avuto che carità e zelo come legge di comportamento. Legge incisa così profondamente nel suo modo di essere e di fare la missione, da non poter più agire altrimenti». E lo faceva con un amore "grandissimo", "smisurato verso tutti"; "era creatura tutta carità", "piena di premure per tutti", "possedeva il fiore della carità". Un medico dell'ospedale militare ebbe a dire di lei: "Questa non è una donna, è un angelo". E alla sua morte la gente disse: "Non è stata la malattia a ucciderla, ma l'amore".

3. "Generosità materna". Così la preghiera liturgica per la Beata Suor Irene sottolinea il suo singolare modo di servire i bisognosi. E molte altre testimonianze qualificano la qualità della sua carità indicandola: "distinta", "squisita", "pronta", "rispettosa", "benigna". In sintesi, si vuol dire che: «era la buona mamma di tutti». Da questo viene il soprannome più significativo: NYAATHA. Suor Irene continua a essere chiamata così anche oggi. Le stesse sue consorelle Missionarie della Consolata incontrate nelle strade e nei loro compiti, vengono chiamate: le Suore di Nyaatha.

Lo spiega bene il vescovo Nicodemus Kirima, che dice: Nyaatha «è più che un nome; è un programma, un progetto di vita pienamente e intensamente vissuto. Questa Missionaria della Consolata era piena di bontà, amabilità, mitezza e gentilezza, come Gesù e la Beata Vergine Maria. In questo modo viene collegato il suo essere donna, madre, creatura di misericordioso amore». La conseguenza sono le parole di Gesù nel vangelo proposto per la sua Messa: «quello che avete fatto agli altri, lo avete fatto a me». La nostra Beata non si è limitata a fare, che è già tanto, ma lo ha compiuto "in bei modi".

Appropriata, quindi, è la preghiera suggerita dall'Arcivescovo di Nyeri al ringraziamento per la Beatificazione di Suor Irene: «La Beata Irene, Angelo di carità, ci aiuti ad amare te, Signore, sopra ogni cosa, avendo cura dei deboli, dei malati, dei marginati e dei lontani. Lei ci ispiri a spargere sempre il profumo del tuo amore, portando sempre e ovunque consolazione e pienezza di vita».

2. La tenerezza. In riferimento a tutto questo, la preghiera liturgica per Suor Irene inizia con una invocazione a Dio che non si trova in altre preghiere del Messale. Abitualmente viene invocato Dio come "Signore", "Onnipotente", "Eterno". Invece per Irene si invoca «Dio di infinita tenerezza». Espressione che richiama la esortazione di Paolo spesso ricordata e raccomandata da Papa Francesco: "Rivestitevi di sentimenti di tenerezza" (cf. Col 3,12). E ha spesso raccomandato:«Mai avere paura della tenerezza», come fosse una debolezza». Va sottolineato il "MAI". Indica che questo non può accadere soltanto in alcuni momenti, ma sempre, perché è una caratteristica dell'essere cristiani.

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Questo vale anche per la Consolazione. Anch'essa non si limita a un momentaneo incoraggiamento, ma come dice la etimologia della parola, è essere "con chi è solo". E tanta è la solitudine nelle nostre società moderne. Gesù stesso continua a venire da noi per farci sentire accolti, amati, sostenuti, accarezzati dalla sua bontà. È la tenerezza di un Dio che «cammina con noi, ci conduce per mano come un papà con il figlio. Questo è bello», aggiunge spesso Papa Francesco. E lo ricorda la prima lettura della Messa per la Beata Irene, tratta da Isaia: «Come sono belli i piedi del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza...» (52, 710). Ecco perché non si deve avere paura della tenerezza, e della consolazione. Intenerisce sempre un bambino in braccio alla mamma che lo protegge, lo difende, lo consola e lo nutre con il suo latte.L'apostolo Paolo assieme alla tenerezza, indica la "mansuetudine", tanto raccomandata dal Beato Allamano ai suoi missionari, arrivando a inserirla nel voto di obbedienza e raccomandando di rinnovare ogni giorno il proposito di essere mansueti, virtù indispensabile per gli evangelizzatori. Papa Francesco, fm dall'inizio del suo Pontificato ha detto che: «Dio mai si stanca di perdonare», «mai si dimentica di noi, ti bacia, ti abbraccia». Secondo alcuni il motto del Papa, che lo caratterizza potrebbe essere: "Misericordia e Perdono". E di fatto lo si può intravedere nel suo stemma episcopale, con la sigla: "scegliendo con misericordia" (Miserando atque eligendo). In conseguenza di questo, dice: Ho paura quando i cristiani perdono la tenerezza e la capacità di abbracciare e accarezzare». Purtroppo, sono diffuse "chiese fredde" e "comunità fredde", anche per l'educazione ricevuta. Ci hanno insegnato ad amare Dio, ma senza insistere sulla tenerezza, talvolta ritenendola pericolosa. Invece, quello dei santi è un amore tenero, fino a piangere di gioia e trovare forza e serenità davanti a Dio.

Così è stata Sr. Irene. Ce lo propone e ci insegna come vivere il prossimo giubileo della Misericordia. Chiediamo al Signore: «concedi anche a noi per sua intercessione, di divenire missionari del tuo amore, testimoniando ovunque consolazione e pienezza di vita».

PREGHIERA CON LA BEATA IRENE STEFANI

Di Lucia Amour

Signore Misericordioso,

Tu hai suscitato, nel cuore grande della piccola suor Irene Stefani, missionaria di Anfo,

un amore profondo e misericordioso verso gli ultimi, i malati, i piccoli. Un amore sconfinato verso tutti, perché in tutti Irene vedeva Te, Luce Infinita.

In tutti ella serviva Te Gesù, umile e mite di cuore, e in tutti amava Te, amore senza confini. Signore buono, ispira a semplici e devoti, a ricchi di scienza

e d'amore di cose divine, per accogliere pensiero e cuore dell'anfese Irene.

Lei, Beata, è gioia infinita con Maria Santissima Consolata; è gloria del Beato Allamano e sostegno gioioso dei suoi missionari e missionarie, Grazie! Amen!

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L’ALLAMANO

NELLE SUE LETTERE

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P. Francesco Pavese, IMC

DELICATEZZA NEGLI SCRITTI DEL FONDATORE

Dopo avere dimesso un allievo dall'Istituto,

il Fondatore non poté nascondere la propria commozione e fece questa confidenza a P. D. Ferrero: «Devo comportarmi sovente come se avessi un cuore duro, mentre l'ho troppo tenero...» (Ricordi del Ve.mo Padre, p. 5, n. 7). Davvero il Fondatore era una persona molto delicata, fine, sensibile e, in alcune speciali circostanze, addirittura tenera. Ciò appare soprattutto dal suo rapporto con le persone, come dimostrano le numerosissime testimonianze positive. Anche le sue lettere ai missionari e alle missionarie manifestano spesso questa sua finezza. Al riguardo riporto una serie di espressioni, quasi un mazzo di fioretti, che attingo liberamente dalla sua corrispondenza. Inizio da una famosa lettera molto conosciuta, indirizzata a Fr. Benedetto Falda il 26 gennaio 1905: «Ben sovente penso al mio caro Benedetto, e vorrei averlo nuovamente al mio fianco in camera mia per sentirlo parlare sempre animoso ed allegro. […]. So bene che per il tuo cuore sensibile è facile la nostalgia ed un po' di malinconia, ed hai bisogno di qualche parola di incoraggiamento. Quando è così pensa a me, ed immaginati di sentire da me un coraggio in Domino e quanto ti direi» (IV, 287-288). Non è meno bella la lettera spedita mesi dopo, il 25 febbraio 1906: «Le tue lettere (un po' scarse) mi sono carissime, specialmente l'ultima, colla quale mi parve di trovarci insieme

nella mia camera il giorno che ti presentasti a me per la prima volta. Credimi, che negli scritti si vede tutto il tuo cuore. […]. Dunque, coraggio sempre, caro Benedetto, rispondimi presto, e pensa che il giorno della tua festa dirò la Messa per te, perché ti faccia santo e santo missionario» (IV, 490-491). Le parole di queste due lettere rispecchiano sì la gentilezza del Fondatore, ma anche e molto bene il carattere di Benedetto. In data 7 settembre 1908, il Fondatore scrisse una circolare ai missionari in Kenya, nella quale, oltre ad approvare le loro decisioni circa i metodi da seguire nell'evangelizzazione e le pratiche di pietà stabilite per tutti, rispose ad alcune domande che gli furono poste attraverso il superiore P. F. Perlo. Insistette pure sul dovere di tutti di scrivergli ogni tre mesi per informarlo della loro situazione personale, precisando il suo stato d'animo: «Del resto crederei farvi un torto nell'insistere sull'obbligo di questa cosa, perché più che un obbligo dovrebbe essere un bisogno del cuore l'aprirsi sovente a chi vi ama tutti qual padre, e che sente da parte sua il bisogno di condividere le vostre gioie e le vostre pene, e darvi quei consigli che gli suggeriscono l'esperienza propria e le grazie dell'ufficio. […]. [Alla fine si firma] Vostro affezionatissimo Padre» (V, 100-101, 103). Chissà che cosa avrà provato nel cuore P. C. Saroglia quando lesse

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queste parole del Fondatore, inviategli in data 14 febbraio 1912: «Ti ripeto: coraggio, e pensa che ti amo, anche perché coi voti perpetui sei mio figlio perpetuo. Scrivimi presto» (VI, 77). P. Saroglia aveva emesso i voti perpetui poco tempo prima, il 10 dicembre 1911.In occasione della morte del papà di P. G. Perrachon, il Fondatore, in data 7 giugno 1912, gli inviò una lunga lettera di condoglianze molto paterna. C'è da tenere presente che il P. Perrachon aveva una sola sorella, che, con la morte del padre, rimaneva sola e in qualche modo indifesa soprattutto sul piano della divisione patrimoniale. Il Fondatore esprime la sua partecipazione al lutto, ma anche promette di proteggere la sorella: «Vorrei che leggesse questa mia nella cappelletta davanti a Gesù Sacramentato. Si tratta di una notizia che non mi pare ancora vera, eppure la realtà è che il buon padre è partito per il Paradiso nella notte passata. V. S. dica in mezzo al suo dolore il fiat in suffragio di quell'anima benedetta. […]. Comprenderà il dolore della cara sorella in questi giorni. La zia di Torino l'assiste e noi facciamo ogni nostro possibile. Il Teologo Gunetti si occupa del trasporto [della slma del padre] a Pinerolo dove domani avrà sepoltura. Quanto alla sorella e gli interessi stia tranquilla, io le farò da padre, come essa desidera; farò che i parenti non la inquietino» (VI, 158-159). In occasione della morte dei famigliari dei missionari, abitualmente il Fondatore scriveva lettere di questo tono molto affettuoso, colmo di fede e all'occorrenza interveniva per aiutare la famiglia. Le prime missionarie erano appena giunte in Kenya, che subito ricevettero un saluto breve e cordiale, inviato il 24 dicembre 1913, nel quale spicca una conclusione molto originale: «Imploro su tutte e ciascuna di voi tante benedizioni; e voi non dimenticate il vostro vecchio padre nel

Signore» (VI, 520).

Il P. A. Dal Canton era stato scelto con il Fr. Anselmo Jeantet per entrare in Etiopia dal Sud, attraversando la zona semi-desertica del Nord del Kenya. Conosciamo come gli eventi si svolsero con esito negativo. Il P. Dal Canton fu arrestato a Burgi il 29 giugno del 1915, separato dal fratello coadiutore, che venne a sua volta imprigionato qualche giorno dopo. P. Dal Canton fu poi liberato il 17 agosto, ottenendo il permesso di rimanere a Sidamo. Dietro ordine di Mons. F. Perlo, attraversò la frontiera il 15 novembre 1915, portandosi a Moyale. In data 25 settembre, mentre era ancora in Etiopia, ricevette questa lettera accorata e affettuosa del Fondatore: «Ho ricevuto tue notizie in due volte. […]. Capirai il nostro dolore nel saperti in quella condizione e diviso dal caro fratello. Noi raddoppiammo le nostre preghiere alla SS. Consolata perché vi consolasse, vi fortificasse e presto foste liberati da tante angustie. […]. Vi confortino le nostre ansie per voi e le preghiere che si fanno nell'Istituto, nel Santuario e da tante anime buone. Il Signore vi darà come in passato forza e la costanza degli Apostoli e dei Martiri. […]. Coraggio dunque nel Signore, e vi conforti la quotidiana mia paterna benedizione» (VII, 209).Durante la prima grande guerra, il Fondatore si mantenne sempre molto vicino ai suoi missionari arruolati nell'esercito. Le lettere loro indirizzate erano sempre molto calde di comprensione e di affetto. Li confortava non solo con parole, ma anche con aiuti concreti, invitandoli a non sentirsi imbarazzati a chiedere denaro in caso di bisogno. In una lettera del 6 dicembre 1915, indirizzata a “Don Ferrero e ch. Occelli, Don Mauro, Don Garrone e ch. Sciolla”, così si espresse: «È prossima la Festa

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dell'Immacolata, e quanto desidererei passarla come nei passati anni coi cari figli! Così sareste in un'aria più limpida e consolante; e noi non sofferenti per la vostra lontananza. Siamo più pochi e come cani bastonati, non c'è più modo di provocare un po' di riso e di allegria. […]. Coraggio in Domino, che può consolarci e riempire di gioia il nostro cuore. […]. Notizie ne riceverete dai fratelli, per me vi basti che vi amo e vi benedico e prego per voi» (VII, 257). Ancora una lettera a P. Ferrero, il 14 febbraio 1916, nella quale risalta il desiderio del Fondatore di essere in contatto con i suoi figli militari, che vorrebbe non partissero

mai dalla Casa Madre per il servizio militare: «Invece del cattivo proponimento di scrivere più poco dopo l'arrivo del caro Occelli, rinnovi subito l'antica usanza di scrivermi sovente, e potendolo con lunghe lettere. Sebbene io non possa sempre risponderti godrò delle tue notizie, e prenderò parte alle poche tue gioie ed ai molti dolori. Ti risponderò in ogni caso al S. Altare, nelle

Visite a Gesù ed alla nostra cara Consolata; ed ogni sera ti benedirò paternamente. […]. Mercoledì partiranno Occelli e Savino; è per noi una spina al cuore; ma si compia la Santa Volontà di Dio» (VII, 293).

Conosciamo la consuetudine, avviata dal Fondatore, di offrire al Cardinale un cestino di funghi raccolti dai giovani sulle montagne di S. Ignazio durante le loro vacanze estive. Le suore, però, inventarono un'altra abitudine. Quando il Fondatore si trovava a Torino mentre loro erano a S. Ignazio, raccoglievano frutti di bosco, mirtilli e lamponi, e glieli mandavano ben confezionati in un cestino. Il Fondatore certamente gradiva il pensiero gentile delle figlie, perché sapeva apprezzare il loro sincero affetto.

Tuttavia, in una lettera del 5 agosto 1921, nella quale si congratulava del buon esito del loro soggiorno e le incoraggiava ad immagazzinare energia nelle forze fisiche per essere «anche più vive nello spirito», scrisse una conclusione, che esprime la sua attenzione paterna anche nelle cose semplici della vita: «Vi ringrazio delle buone ampole [lamponi] e dei mirtilli, ma d'ora in avanti mangiatele voi» (IX/1, 120). Il Fondatore aveva richiamato dal Kenya a Torino Sr. Margherita De Maria nell'estate del 1922 per essere aggiornato sulla situazione delle suore in missione. Nel febbraio del 1923, Sr. Margherita venne rimandata in Kenya, anche se il Fondatore avrebbe voluto trattenerla ancora a Torino. In data 4 febbraio 1923 scrisse una bella lettera alle missionarie, nella quale si compiaceva delle notizie ricevute: «Vi rimando la R. Superiora Suor Margherita, sebbene avrei bisogno del suo aiuto in Casa Madre. So che la stimate e l'amate, e se lo merita, e non mi sento di privarvi di tanto conforto per procedere nella via che ben conducete. Essa mi parlò a lungo di voi e di ciascuna di voi, e non ha per quasi tutte che lodi ed elogi. . […]. A prova della mia contentezza vi ammetto tutte Anziane al S. Voti Perpetui, che farete con la Superiora nel tempo possibile. […]. Voi vi lamentate del mio poco scrivere; ne avete ragione, ma come fare? Dopo la dipartita dal caro V. Rettore mi trovo carico di sollecitudini, che colla poca salute mi prostrano; e se non fosse per voi mi farebbero desiderare più vivamente il riposo del Paradiso. Ma si faccia la S. Volontà di Dio» (IX/2, 40). Quest'ultima frase, che manifesta un Fondatore piuttosto stanco, si spiega dal fatto che in quel periodo egli era stato poco bene, tenendo il letto per diversi giorni. Quando scrisse la lettera pareva abbastanza

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ristabilito, ma, come annotava il “Da Casa Madre, doveva rassegnarsi ad un trattamento di riguardi e ad un orario più mite, «restando tuttavia la sua fibra logora e consumata». Per terminare, riporto una frase molto fine e d sapore dialettale piemontese scritta ai ragazzi in vacanza a S. Ignazio. Il Fondatore si era portato a Rivoli il 20 agosto 1925 per un periodo di riposo, assistito dalle suore. La sua salute non gli permise di recarsi a S. Ignazio per celebrare la festa della “Natività di Maria Santissima” e dovette accontentarsi di scrivere ai ragazzi alcune righe il 29 agosto: «Vedo il vostro vivo desiderio di avermi con voi nella solennità di Maria SS. Sarebbe pure questo tutto il mio gusto. Lo feci per tanti anni... E poi sono proprio sperso di voi... Ma, miei cari, gli anni passano e le miserie aumentano... e non si può più fare come si vorrebbe. Facciamo tutti il sacrificio, voi ed io, in onore della nostra cara Madre. […]. So che praticate tutti i miei moniti, e vivete santamente: questo è il mio più caro compenso al bene che vi voglio. Vi benedico» (X, 377).

“Sono sperso di voi” è espressione dialettale molto carica di sentimento, perché chi la scrive o la pronuncia ammettere di sentirsi come “smarrito”, lontano da coloro che ama.

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ATTIVITÀ DELLA DIREZIONE GENERALE

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P. Stefano Camerlengo, IMC

AI MISSIONARI DELL’ASIA DOPO LA VISITA CANONICA

La missione al cuore del popolo non è una

parte della mia vita, o un ornamento che mi possa togliere, non è un’appendice, o un momento fra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono missione. (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 273) Ecco, io faccio nuove tutte le cose. (Apocalisse 21, 5)

Carissimi,

Al termine della visita canonica, abbiamo pensato di inviare a tutti voi un unico messaggio che ne riassuma i temi principali e, allo stesso tempo, ne indichi alcune linee per il futuro. Alla luce del cammino continentale che stiamo portando avanti nell'Istituto e considerando che in un mese scarso abbiamo visitato tutte le comunità, parlando con ogni missionario del Continente, abbiamo pensato di inviare un unico messaggio a tutti voi. Del resto, in ogni nostro incontro abbiamo portato il racconto delle gioie e delle difficoltà di ogni comunità del continente, insistendo sul cominciare a pensare in un’ottica di insieme. Vogliamo infatti avviarci a concepire l'Asia come un'unica realtà a cui dobbiamo dare una definizione giuridica.Innanzi tutto, ci preme farvi arrivare il nostro ringraziamento. Ci siamo davvero sentiti a casa, accolti da fratelli che ci hanno condiviso con piacere parte della loro missione. Le gioie e le difficoltà di tutti sono entrate nella memoria del nostro cuore e nell'archivio della visita. Unito a un sentimento

di ringraziamento, vi giungano anche le nostre scuse nel caso in cui la nostra presenza non abbia potuto soddisfare appieno le vostre aspettative. In questi anni, la Direzione Generale ha cercato di accompagnare da vicino la vostra missione, in obbedienza alle direttive del Capitolo Generale che chiedeva di aprirsi con decisione all'Asia come una delle opzioni principali dell'Istituto nei prossimi anni. Abbiamo sempre cercato di coinvolgervi tutti nel processo di valutazione e programmazione, così come nelle decisioni più importanti che abbiamo preso, in primis l’apertura della nuova comunità di Hsinchu, a Taiwan. In questo siamo stati avvantaggiati dallo stile assembleare che sempre avete utilizzato sin dagli inizi della vostra presenza, prima in Corea, poi coinvolgendo i missionari e le missionarie della Mongolia in un biennale momento formativo di condivisione e di rinnovamento spirituale. Oggi, anche la nostra piccola presenza taiwanese è entrata a far parte di questo sperimentato esercizio di continentalità. Come coscientizzare l’Istituto sulla realtà asiatica e la missione che da ormai 27 anni portiamo avanti nel continente resta una delle priorità, se non la priorità assoluta per questi e i prossimi anni. Ne abbiamo parlato in tutte le assemblee svoltesi durante la visita canonica. Non è facile intuire il come procedere; sappiamo però che qualche cosa deve essere fatto se vogliamo dare vita al desiderio del Capitolo di rispondere alla preghiera che la chiesa da tempo sta facendo:

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andate lì dove la stragrande maggioranza delle persone ancora non ha ascoltato pronunciare il nome di Cristo.

Il personale

Nel mese passato insieme abbiamo potuto constatare la presenza di comunità ben motivate, serene, operose. In Corea, il recente inserimento di tre giovani missionari sta procedendo bene, lentamente a causa dell’apprendimento della lingua, ma con perseveranza. Le comunità sono interculturali, segno della ricchezza umana del nostro Istituto di cui facciamo dono ai paesi dove lavoriamo. Il valore della comunità è stato ancora una volta sottolineato in tutti gli incontri: essere, vivere e lavorare insieme è già di per sé una forma visibile di annuncio, ma non solo. È anche uno strumento di sostegno per il missionario. Lo aiuta ad inserirsi gradualmente in un contesto completamente differente da quello di provenienza o in cui si è lavorato in precedenza, lo appoggia nei momenti di aridità o di difficoltà. Ecco perché vorremmo potenziare al più presto la nostra comunità di Taiwan, oggi ridotta a due missionari, inviando un’altra coppia di confratelli che comincino a studiare il cinese. Un discorso a parte lo merita la Mongolia. Oggi come ieri (sperando in un cambiamento in positivo per il prossimo futuro) la difficoltà a conseguire il VISA presso la Prefettura di Ulaan Baatar crea grandi problemi di gestione, tanto a noi come agli altri Istituti religiosi presenti sul territorio. Con la Direzione Generale delle Missionarie della Consolata abbiamo chiesto al Vescovo di darci qualche garanzia in più per riuscire a formare almeno due comunità con un numero di missionari che possa soddisfare le esigenze di entrambi gli Istituti. Purtroppo la situazione non permette al Vescovo di soddisfare questa nostra esigenza e abbiamo così deciso di muoverci per altre vie, interpellando il Nunzio apostolico, Propaganda Fide e la Segreteria di Stato, per capire se in un prossimo futuro si potranno aprire degli spiragli ed inviare qualche confratello. Siamo molto grati ad entrambi i missionari che, nonostante le difficoltà, portano avanti con coraggio e determinazione la loro missione, qualificando la presenza dell’Istituto

in Mongolia con un lavoro creativo e di responsabilità.

La missione

ur con un numero esiguo di missionari presenti nel continente, l’Istituto porta avanti in Asia una missione molto variegata, che si colora delle sfumature proprie di ciascun luogo in cui ci troviamo oggi ad operare. In Corea gli sforzi puntano all’animazione missionaria della chiesa locale, al dialogo interreligioso e alla pastorale di consolazione, diretta prevalentemente ai lavoratori migranti. Apprezziamo gli sforzi fatti in questi anni nel farsi conoscere in una chiesa strutturata ed organizzata, che ha guadagnato credibilità e rispetto all’interno del paese, ma che è tradizionalmente restia a concedere spazi a forze missionarie e istituti religiosi che vengono da fuori. Il ritorno in patria di padre Han Pedro ha permesso di prendere in considerazione altri possibili e interessanti campi d’azione, non ultimo quello della pastorale dei profughi nordcoreani. Chiediamo ancora una volta ai nostri confratelli che lavorano in Corea di mettere tutto l’impegno possibile nell’animazione vocazionale. L’esperienza dei missionari coreani che già sono parte dell’Istituto ci incoraggia a proseguire in questa attività che è vitale per il prosieguo della missione IMC in Asia. Oggi, il tempo della promozione vocazionale non è così

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favorevole come una volta, ma vi chiediamo di insistere affinché, se il Signore vorrà, possiamo dare il benvenuto nel nostro Istituto a più missionari provenienti dalla Corea.

In Mongolia entrambi i missionari lavorano, pur in contesti diversi, in una missione di prima evangelizzazione. I servizi svolti presso la prefettura apostolica di Ulaan Baatar e la parrocchia di Arvaiheer sono prestati ad una chiesa giovane, agli inizi, che qualifica in modo determinante la nostra missione alla luce del nostro carisma. Prospettive interessanti per la missione futura sono rappresentate dal possibile inserimento nella cittadina di Kharkhorin, ex capitale dell’Impero mongolo, con un progetto culturale e di dialogo interreligioso e dalla proprietà che abbiamo acquistato a Ulaan Baatar nel quartiere periferico di Chinguiltey.

A Taiwan, la missione è per ora in gran parte limitata allo studio della lingua cinese. I contatti di animazione missionaria avviati con un gruppo giovanile universitario di Hsinchu e l’appoggio liturgico dato alla pastorale migranti di lingua inglese lascia ben sperare per un prossimo futuro di piena attività missionaria.

La formazione

Una delle inquietudini che abbiamo condiviso con tutti voi durante questi giorni è relativa al tema della formazione. Come far sì che ci si possa preparare adeguatamente alla missione nel Continente? La domanda ci accompagna da tempo. I lunghi periodi di inserimento dovuti allo studio della lingua, il fatto di lavorare in paesi dove si parlano idiomi diversi e di difficile apprendimento, nonché l’impossibilità di studiare teologia in inglese nei paesi dove siamo attualmente presenti, ci ha finora sconsigliato di aprire comunità formative per lo studio contestualizzato della teologia. Sentiamo nel contempo, che la missione in Asia ha caratteristiche particolari a cui gli altri centri formativi dell’Istituto rispondono soltanto in parte. Che criteri adottare per migliorare l’approccio dei nostri futuri missionari all’evangelizzazione del continente Asia? Forse uno dei cammini, si è detto, potrebbe prevedere l’avvicendamento

di qualche missionario attualmente presente in Asia e il suo conseguente impiego nella formazione. Più che le riviste e i dossier, conta molto la testimonianza diretta e il desiderio di identificarsi in un tipo particolare di missione. Sicuramente questo è uno dei punti su cui dovranno concentrarsi sia Progetto missionario continentale come quello dell’Istituto.

L’economia

Finora, la provvidenza ci ha regalato amici e benefattori che hanno provveduto alla nostra missione nel Continente. In Corea, un gruppo di laici si è appoggiato a noi per la formazione missionaria e l’accompagnamento spirituale, sostenendoci nelle necessità nostre e dell’Istituto. Anche svariati progetti di cooperazione internazionale sono stati finanziati da questi nostri amici. Grazie a questi aiuti e a una gestione oculata delle nostre risorse, oggi la Corea è anche in grado di provvedere alle spese straordinarie della nostra comunità di Taiwan. Quest’ultima ha iniziato una presenza a basso costo, in cui la

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diocesi di Hsinchu partecipa con generosità nelle spese di mantenimento e studio. Aumentando il numero del personale è però facile prevedere che occorrerà avere un fondo in grado di garantire la copertura delle spese della comunità. La nostra missione in Mongolia, grazie a Dio, conta sull’aiuto di numerosi benefattori occidentali che ne hanno finora garantito una gestione tranquilla.

La visita canonica ha però voluto instillare anche in Asia la preoccupazione di fondo che dal Capitolo Generale viene rivolta a tutto l'Istituto, chiamato ad una missione quanto più sostenibile in tutte le sue presenze. Non è difficile prevedere che i benefattori invecchieranno e, tanto in Occidente come in Oriente, non è detto che le nuove generazioni siano in grado di contribuire in modo generoso come quelle che le hanno precedute. È dunque importante sedersi e riflettere su come anticipare possibili momenti di maggior ristrettezza che possono attenderci nel prossimo futuro. Non è fare un torto alla provvidenza il pianificare con discernimento gli anni che abbiamo dinanzi, soprattutto se l’Istituto andrà, secondo le indicazioni capitolari, con più decisione verso l’Asia.

Cominciare ad esplorare possibili forme di investimento e di autofinanziamento, è doveroso. Soprattutto la Corea potrebbe trarre beneficio rivedendo i termini di collaborazione con le Diocesi in cui ci troviamo e dove la quasi totalità dei servizi e delle collaborazioni viene offerta a titolo gratuito. Anche un maggior coinvolgimento dei laici benefattori nelle attività di animazione missionaria potrebbe portare dei frutti, dando ad essi, oltre alla formazione, anche maggior visibilità.

Le prospettive future

Nuova struttura di governo

Compito della visita canonica è stato anche presentare il documento della Direzione Generale su rivitalizzazione e ristrutturazione. In linea di massima ci è sembrato di trovare interesse tanto sul discorso di rinnovamento spirituale, orientato a ritrovare entusiasmo e zelo missionario, quanto nei percorsi di riorganizzazione strutturale che

l’Istituto prevede di implementare nei prossimi mesi. Le nostre comunità dell’Asia raccontano una missione particolare, fatta di silenzio, impregnata di spiritualità, impostata sulla sobrietà, sovente costretta all’insignificanza, al sentirsi inascoltata minoranza. Far nascere la missione da dentro, nello spirito del continente, potrebbe aiutare a dare maggior concretezza alla ricerca di Istituto in questo senso.

L’invito che abbiamo fatto è quello di poter studiare le modalità di conformare una Regione Asia che, sulla base delle esperienze di comunione già in atto, sia capace di avere una sua originalità di pensiero, maggior coordinamento tra le presenze, più responsabilità nel promuovere tanto ad intra (nell’Istituto) come ad extra la propria missione e possa infine avere maggior rappresentanza in sede di Capitolo.

Potenziamento della comunità di Taiwan

In attesa di poter risolvere i problemi burocratici che ci impediscono di aumentare la nostra presenza in Mongolia, desideriamo dare maggior consistenza alla Comunità di Taiwan, oggi purtroppo formata, dopo brevissimo tempo, da soltanto due missionari. In accordo con il Vescovo che ci ospita abbiamo ritenuto opportuno destinare altri due giovani che, con i tre recentemente inviati in Corea, rappresentano un investimento di personale rivolto al futuro.

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Stage missionario

Sempre in questa prospettiva, l’ultimo Consiglio ha autorizzato l’esperienza di stage missionario in Asia di un nostro giovane confratello proveniente dal seminario di San Paolo (Brasile).

Visite e nuove aperture

Crediamo che la miglior strategia per aumentare la sensibilizzazione dell’Istituto alle tematiche asiatiche sia quella di rendere l’Istituto presente, inviando missionari, facendo la missione. Tuttavia, in questo preciso momento storico pensiamo sia necessario consolidare le presenze che abbiamo e non effettuare nuove aperture prima del prossimo Capitolo Generale. Allo stesso tempo non possiamo esimerci dal continuare a ricercare con costanza nuovi sbocchi per la nostra missione nel continente. Alcune indicazioni emerse lo scorso anno durante l’Assemblea Asiatica tenutasi a Arvaiheer (Mongolia) e ribadite durante la visita canonica ci aiuteranno nel discernimento:

• Non perdere la finalità ad gentes e di prima evangelizzazione.

• Allo stesso tempo, esplorare destinazioni che possano avere qualche sbocco vocazionale;

A questi criteri si sono ispirate anche le visite effettuate in altri paesi del Continente. Proprio al termine della visita canonica i padri Pedro Louro e Marcos Coelho, dalla Corea, sono andati a Timor Est, per una visita mirata che avvicinasse l’Istituto alla realtà dell’Arcipelago Indonesiano. Padre Ernesto Viscardi, già protagonista l’anno passato di una visita in Cambogia, ha appena terminato un’altra esplorazione per conto della Direzione Generale in Myanmar. La divulgazione di questi rapporti potrà aiutare il discernimento

del Continente prima e durante l’Assemblea pre-capitolare, in programma in Corea dal 10 al 12 ottobre 2016.

Comunione e collaborazione con le suore

In sede di visita canonica si è parlato anche del rapporto di comunione e collaborazione con le suore. In Mongolia la visita è stata fatta insieme, così come i passi che dovrebbero portare, si spera, a un invio di ulteriore personale, sia maschile che femminile, nel paese. Per quanto riguarda invece altri passi da fare insieme nel continente, il discernimento congiunto dei prossimi Capitoli Generali indicherà il cammino da seguire in futuro.

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Conclusione

Cari confratelli, abbiamo davanti a noi un tempo speciale, da dedicare al rinnovamento delle nostre vite. La redazione di questa lettera coincide di fatto con il periodo di Avvento, attesa febbrile della novità del Vangelo che si fa carne nella persona di Gesù. All’importanza di aprirsi alla novità, se ben ricordate, avevamo dedicato il nostro primo messaggio diretto ai missionari dell’Asia e a tutto l’Istituto: “Vino nuovo in otri nuovi”. Era un messaggio che riprendeva e ampliava, alla luce di una realtà che anche noi come direzione Generale stavamo lentamente scoprendo, il mandato del Capitolo Generale che chiedeva all’Istituto di avere verso l’Asia uno sguardo particolare. Oggi, viaggiando verso un altro appuntamento capitolare, vorremmo condividere con voi lo stesso spirito di allora. Ogni giorno ci viene richiesto un esercizio di apertura all’interculturalità, di duttilità nell’applicazione dei nostri progetti, di analisi seria e profonda di quella che è la nostra vita religiosa e missionaria all’insegna del Progetto comunitario missionario, ma anche della realtà

in cui viviamo.

Questa apertura presuppone uno studio serio, fatto di applicazione (innanzitutto nello studio della lingua), ma anche di simpatia verso culture e tradizioni che nella maggior parte dei casi hanno radici millenarie, ben più antiche delle nostre. Lo diciamo in particolare a coloro che da poco si sono avvicinati al Continente. Siete voi che avete in mano il domani della nostra presenza in Asia, voi siete missione, come ci ricorda papa Francesco nell’Evangelii Gaudium e da voi dipenderà domani la fertilità dell’incontro tra questo immenso continente e il nostro piccolo Istituto. Mettetevi dentro con passione, cercando di capire e di conoscere perché solo se conosciuta nel profondo una realtà potrà essere veramente amata.

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Hacia el próximo Capitulo General, pasando por la Asamblea continentalComo Consejero General en el IMC, encargado del Continente América, me apropio las palabras de Jesús, cuando “En aquella hora ... se sintió inundado de gozo en el Espíritu Santo, y dijo: Yo te bendigo, Padre, Señor del cielo y de la tierra, porque has ocultado estas cosas a los sabios y entendidos y se las has revelado a la gente sencilla. Sí, Padre, tal ha sido tu beneplácito ...” (Lc 10,21), para invitarlos a todos y cada uno de Ustedes, a cantar jubilosos, en contexto del Jubileo de la misericordia, “la gloria de Dios” manifestada en estas américas “indígena-afro-europeas” y agradecer el Proyecto que El, a través del Paráclito, viene construyendo en y con nosotros los Misioneros de la Consolata, desde San Manuel – Brasil (1937).

“Proyecto Misionero de vitalización y re-estructuración continental del Instituto” que “hoy” estamos llamados a re-tomar desde y con el Señor Jesús, cuando, en la Sinagoga de Nazaret, re-leyó el texto del profeta (cf. Is 61, 1-2) y aseguró que aquellas palabras se cumplían en él (cf. Lc 4, 21): “El Espíritu del Señor sobre mí, porque me ha ungido para anunciar a los pobres la Buena Nueva; me ha enviado a proclamar la liberación a los cautivos y la vista a los ciegos, para dar libertad a los oprimidos y proclamar un año de gracia del Señor”.

Jesús nos muestra la identidad comunitaria (trinitaria) y misionera de Dios:

• El se revela como alguien enviado: misionero del Padre.

• Alguien en quien el Padre ha derramado su Espíritu, para cumplir una misión.

• Misión que consiste en:

a) anunciar la Buena Nueva a los pobres; b) proclamar la liberación a los cautivos; c) hacer que los ciegos vean;

d) donar la libertad a los oprimidos; e) proclamar un año de gracia del Señor (jubileo permanente). A nosotros el Fundador y Formador, José Allamano, nos ha dado a María Consolata como “modelo y guía”. Me parece que la presentación de Jesús en la sinagoga de Nazaret nos remite a la Anunciación (cf. Lc 24-38), en donde la clave es vocación, pero una vocación que, recayendo primero en María, que es la interlocutora del ángel, se prolonga hacia el Hijo que de ella nacerá, como obra del Espíritu. Veo en todo esto una serie de hechos, salvíficamente conectados

P. Salvador Medina, IMC

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entre sí por una vocación de ungidos con el Espíritu para una común misión: la misión del Padre, con entrañas de madre, confiada a su Hijo Jesús, que pasa por María y se prolonga en el tiempo y la geografía a través de los apóstoles (Act 2,1-4; 13,2-4), las Comunidades de discípulos misioneros (Act. 15,28) y continua con nosotros, engendrados en el Santuario de la Consolata, en Turin Italia (1901), consagrados, con la Profesión de los Consejos Evangélicos y enviados en realidades “ad gentes”, con la guía, la luz y la fuerza del “Otro Consolador” (Jn 14,16-17.

Creo firmemente y lo renuevo diariamente que el Proyecto que hemos venido construyendo juntos a lo largo de estos cuatro años es obra del Paráclito que “está dentro de cada uno de nosotros”, nos “acompaña” en el el ministerio y en nuestra vida comunitaria, “está presente en cada contexto” y nos ha llenado de energía, luz y consuelo desde nuestra llegada al Continente. Ven, pues, Espíritu Consolador:

continua la obra de re-vitalización en cada uno de nosotros y en nuestras comunidades locales;

guía el discernimiento en los Consejos de Circunscripción y en los Consejos general y continental;

ilumina nuestro camino misionero en el continente y enseñanos el mapa de la re-estructuración, para continuar nuestra misión.

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CASA GENERALIZIA

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P. Renzo Marcolongo, IMC

GENNAIO

Il tempo del Natale è stato per noi di Casa

Generalizia un tempo tranquillo. Molti sono andati ad offrire i loro servizi pastorali in diversi luoghi mentre altri hanno approfittato di questo tempo per prendersi anche un po' di riposo. La vigilia di Natale abbiamo celebrato i primi vespri guidati da padre Renzo e il giorno stesso di Natale ci siamo ritrovati anche intorno alla mensa per celebrare fraternamente la nascita di Gesù. Non molti però, visto che solo da santo Stefano hanno cominciato a tornare, primi fra tutti i padri Stefano e Marco che venivano dall'Angola e ci hanno portato notizie belle ed interessanti della loro visita ai confratelli e del lavoro pastorale di questi. Alla chetichella sono anche tornati quasi tutti e per la celebrazione dell'anno nuovo ci siamo ritrovati in chiesa a ringraziare il Signore per i doni datici durante il 2015. Padre Ugo ha guidato la celebrazione. Verso le 11pm abbiamo aspettato l'arrivo dell'anno nuovo condividendo dolci e stappando una bottiglia di spumante. Poi a letto perché il giorno seguente eravamo occupati dalle diverse celebrazioni eucaristiche. Da qui vogliamo augurare a tutti un FELICE ANNO 2016: che il Signore conceda a tutti quello che il cuore desidera.

La notizia della morte del padre Carlos Matias Domingos ci lascia tutti sbalorditi ed increduli. Ci sembra impossibile che possa essere successo così tragicamente e nei nostri cuori sorge spontanea una preghiera per lui, la sua famiglia, le nostre comunità in Etiopia e tutta la nostra famiglia missionaria. Ci stavamo appena riprendendo

da questa notizia quando ce ne arriva un'altra per la morte del nostro fratel Pietro Bertoni, tragicamente deceduto in Mozambico. Due morti che lasciano senza risposte le nostre domande umane e che appena si accettano nella fede. Anche per lui, la sua famiglia, i missionari in Mozambico e l'Istituto una preghiera di conforto nel Signore e nella Vergine Consolata. Durante il tempo natalizio non abbiamo avuto molte visite. E' stato un periodo di calma. Però abbiamo avuto la gioia di accogliere la mamma, il fratello, la cognata di padre Patrick e soprattutto la sua nipote Matilde la quale, dopo aver vinto l'iniziale timidezza, rallegrava con la sua presenza e festosità i momenti dei pasti.

Il 12 gennaio il superiore generale p. Stefano, accompagnato dal vice p. Pendawazima e dal consigliere per l'Europa p. Ugo iniziano la loro

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“visita canonica” alla regione Italia. Terminerà a marzo. Auguriamo a tutti loro un buon lavoro illuminati dalla presenza dello Spirito, della Consolata e dell'Allamano.

Partecipiamo con gioia alla Professione perpetua e all’ordinazione diaconale di Danstan Mushobolozi Balayangaki, avvenuta il 9 gennaio nella parrocchia del Santo Cricifisso a Bravetta per l’imposizione delle mani di Mons. Protase Rugambwa, Segretario Aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e Presidente delle Pontificie Opere Missionarie.

Informazioni sul Giubileo

Le Chiese giubilari a Roma

Ogni Basilica papale in Roma (San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura) ha la Porta Santa. Alle quattro Basiliche papali si aggiungono le tre chiese che, insieme ad esse, compongono l’itinerario tradizionale delle “sette chiese”, vale a dire San Lorenzo fuori le Mura, Santa Croce in Gerusalemme e San Sebastiano fuori le Mura. L’importanza del pellegrinaggio in occasione del Giubileo suggerisce di riscoprire e praticare questo itinerario penitenziale lasciato ai romani da San Filippo Neri nel ‘500. Pertanto, anche il pellegrinaggio presso ognuna di queste chiese costituirà occasione per vivere l’indulgenza giubilare.

La diocesi di Roma ospita anche molte altre chiese e santuari importanti, mèta di pellegrinaggio di tanti fedeli che vi trovano sempre sacerdoti pronti ad accoglierli nella misericordia del Padre. Durante l’Anno Santo saranno chiese giubilari, dove recarsi in pellegrinaggio per ottenere l’indulgenza, anche il Santuario del Divino Amore e la chiesa di Santo Spirito in Sassia, nota anche come “Santuario della Divina Misericordia”. Infine, le chiese che già stabilmente godono del privilegio dell’indulgenza per i fedeli che adempiano devotamente le condizioni previste, continueranno ad essere luoghi in cui ottenere l’indulgenza anche durante il Giubileo della Misericordia, secondo quanto è già determinato per ciascuno di questi luoghi.

La Veronica a Roma

Il 16 gennaio ha avuto luogo la processione della Veronica dalla Basilica di San Pietro a Santo Spirito in Sassia seguendo il percorso dell’antica processione. Il sudario di Cristo, conosciuto e venerato come “Veronica” (ovvero “vera icona”) era una delle reliquie che erano giunte a Roma. Ed era particolarmente venerata da Papa Innocenzo III che istituì la processione del Sacro Volto nella domenica dopo l’ottava dell’Epifania. Non solo: Innocenzo III scrisse una apposita preghiera per la Vera Immagine. Nel frattempo, la Chiesa di

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Santo Spirito in Sassia è diventata per volere di San Giovanni Paolo II Santuario e centro spiritualità della Divina Misericordia, legato a suor Faustina Kowalska.

Da San Pietro, i fedeli si sono diretti verso la chiesa di Santo Spirito in Sassia per trovarvi l’Arcivescovo Georg Ganswein che celebrò una messa con l’animazione del coro della Basilica del Volto Santo diretto dal Maestro Nicola Costantini.

Fu portato a spalla l’antico reliquiario d’argento utilizzato per custodire il Volto Santo, che è conservato nella stanza del tesoro della basilica di Manoppello con inserita una riproduzione del Sacro Velo. L’ostensorio è rimasto nella chiesa di Santo Spirito anche tutta la giornata di domenica 17, fino alle 20.00. L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle manifestazioni di fede per il Giubileo Straordinario.

Il Volto Santo é un velo tenue, i fili orizzontali del tessuto sono ondeggianti e di semplice struttura, l'ordito e la trama si intrecciano nella forma di una normale tessitura. Le misure del panno sono 17 x 24 cm. é l'immagine di un viso maschile con i capelli lunghi e la barba divisa a bande. Caso unico al mondo in cui l'immagine è visibile identicamente da ambedue le parti.

Le tonalità del colore sono sul marrone, le labbra

sono di colore leggermente rosse, sembrano annullare ogni aspetto materiale.

Non sono riscontrabili residui o pigmenti di colore.

Le due guance sono disuguali: l'una, più arrotondata dell'altra, si mostra considerevolmente rigonfia.

Gli occhi guardano molto intensamente da una parte e verso l'alto. Perciò si vede il bianco del globo oculare sotto l'iride.

Le pupille sono completamente aperte, ma in modo irregolare.

Nel mezzo, sopra la fronte si trova un ciuffo di capelli, corti e mossi a mo' di vorticeSecondo padre Heinrich Wilhelm Pfeiffer SJ, professore di storia e critica dell’arte alla Gregoriana, è questa l’autentica “Veronica” che un tempo era venerata a Roma in una cappella della basilica vaticana situata dove ora si trova la Pietà del Michelangelo. Veronica non è la santa che, secondo la tradizione, avrebbe asciugato con un panno il volto di Cristo, come dice la sesta stazione della Via Crucis, ma è quel panno stesso, quel velo sul quale sarebbe rimasta impressa la “vera icona” (da cui “veronica”) del Signore.

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VITA NELLE CIRCOSCRIZIONI

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P. Joya Hieronymus Emusugut, IMC

LETTER OF THE REGIONAL SUPERIOR

Dear Confrere, I come before you to offer my sincerest gratitude to God for the many blessings he has showered upon our region in the past months of the year through the care, protection and intercession of Our Mother Consolata, Founder Blessed Joseph Allamano and Blessed Irene Stefani.

I believe it is through their influence that each one of us has managed to accomplish what he was able to do in this year 2015. I still trust they will continue to help us do even more good work for the salvation of many in the coming new year 2016, since every member of the Consolata Family is a direct testimony of their love for all humanity and recipient of multiple graces and blessings that often motivate us to serve others without reservation. They are as well our models of sanctity that each one of us is encouraged to seek and develop through personal and communitarian Spirituality.

Thank you for the fantastic job you have been

doing for our congregation and your local communities. Your hard work and dedication has really helped us out during the major events we have successfully carried out in the past twelve months of the year.

I know the preparation for the Canonical Visitation, Regional Assembly, Continental Council Meeting, International Missionary Conference, Beatification, Professions, Ordinations, Jubilees for Document Ad Gentes and Pontifical Missionary Society in Kenya, Fifty years jubilee Celebrations of faith and mission in Loyangallani and Wamba, International Conference on Consecrated Life, the Audience with the Holy Father, Pope Francis in his visit to two of the countries of our region and our active participation in all these, has been very involving. Some of us had to cover additional duties and make sacrifices outside our daily normal missionary activities.

Apart from joyful moments, we have had as well sorrowful occasions when a good number of our confreres fell sick. Up to date some are still undergoing treatment. We wish them quick recovery.

We were even more overwhelmed with grief when we lost some of our confreres who have been very resourceful in our region – Frs. Joseph Gorzegno, Franco Cellana, Ottavio Santoro and

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Vito Dominici. We implore the loving God to grant them the wreath of the missionary work well done in his eternal heavenly Kingdom. I also know that both before and during these joyful and sorrowful times, most of you have worked tirelessly to keep your services going on without interruption. Not only do you complete excellent quality work yourself but I have seen you help your coworkers as well. You have done all this with a fantastic attitude and willing disposition. Thank you for your hard work and dedication to the good work of our congregation. Throughout the past months and even years before that, I am grateful for all that you do in your respective mission communities. In this Season of Advent and at the beginning of the Year of Mercy, Christmas and New Year Festivities, let us carry out our missionary service in solidarity and unity that our Lord exhorted us in his priestly prayer in John 17.

The unity of Jesus, the only begotten Son of God, with the eternal Father is a unity of mutual love, service, and honor, and oneness of mind, heart, and Spirit. The Lord Jesus calls each and every one of us into this unity of mutual love, service, honor, and friendship with all who belong to Christ.

At the same time, the Lord Jesus continues to entrust us with the great mission of spreading his name throughout the world and to the end of the ages so that all those who get to know, accept and love him may all be saved. He continues his high priestly office that we are heralds of the same this very day as our intercessor at the right hand of the Father before the throne of heaven. As we congratulate each other for doing well all that we were able to do this year, let us commit ourselves to do even better in the year to come. The New Year is the Jubilee Year of God’s Loving Mercy. Hence, the year challenges each one of us first to be merciful to him self and to the others before expecting Mercy from God and from others.

With this message I just wanted to make sure you know how much you are valued and appreciated

within the region and in the congregation. Happy Christmas and Blessed New Year 2016, Full of God’s Grace and Merciful Love!

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Reports from the Commissions

• The document of the International Missionary Conference is not yet ready to print and though it is requested by many within and outside the Region. They are trying to get the information from tapes or videos that will be presented to the speakers to confirm if it corresponds to what they presented. Then the materials will be put together for printing.

• In Mary Mother of Grace Boys Secondary School the new dormitory is almost complete and Confreres are requested to recommend good boys.

• The Regional Land Commission is working with various dioceses on issues of land in Mujwa, Tuthu, Sagana, Mathari, Mukululu and Rumuruti.

• In formation there are 30 Novices; 42 students of Philosophy; 22 students of Theology, 4 seminarians in the year of service, and there are

20 students in Propaedeutic = 118.

• The office of projects is working, but few projects are coming out because the Confreres do not have the initiative to write projects. The office is receiving money from benefactors and donors on one side, while they are also getting many regrets for other projects.

• We have printed several books of the Founder in Kiswahili and sent 1.000 to Tanzania. We are to print novenas in different languages. • A good number of Confreres participated in the Annual Spiritual Retreat and others attended retreats organized by the dioceses while others planned to do it in their convenient time. • 3 Congregations have expressed the desire to help in Sagana dispensary. Those who went to see and expressed interest are likely to send Sisters by the beginning of the New Year 2016.

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This article narrates our four months and half missionary adventure in the Asian continent, precisely in South Korea since 10th July 2015 up to date: Fr. Yair Alberto Ligardo (Colombia), Fr. Stephano Nangaa (R.D. Congo), and Fr. Patrick Mrosso (Tanzania).

At Incheon International airport, we were warmly welcomed by Father Marcos and Fr. Pedro Louro accompanied by two Consolata friends from the group of our benefactors. What was most touching was this first warm encounter in the midst of so many people with flowers, and the photos. It was a fantastic and an unforgettable event.

Then followed a long period of insertion to the Korean culture and reality which is still ongoing: invitation from Korean friends, families, collaborators and confreres in their missions. With this we have learned and still are learning to get to know the culture and the language as well as many other things in this rich cultural environment.

Before entering the Language school, we had some visits to our Consolata communities: Tejon and Tonduchong. This time was to discover and touch the reality of what our confreres are involved in and stay with them for some days. It was really an enriching experience. We also had an opportunity to be visited by the General Superior, Rev Fr. Stefano Camerlengo and the Counselor for Asia, Rev. Fr. Ugo during their canonical visit to the Asian Continent. We witnessed the confreres evaluate their stay and share their missionary experiences. The acts of this canonical visit left us with a task to focus on and the material to look at for the continuation of the Asian dream. The “il di piu” that we heard at Torino from Fr. Pavese as we were preparing to come to Korea did reappear in their concluding remarks and encouraged us all the more.

On Monday 7 September 2015 we began our first missionary Apostolate in Korea. This Apostolate is the Korean language study. So far so good and the steps we have undertaken are the good ones. We have finished the first level. It has been amazing!! It's challenging, however we have also been able to make some progress. The language being the key to both pastoral engagement and community insertion this experience is crucial. Finally, we thank the Lord for the gift of good health and enlightenment. We are also grateful to our confreres who have taken us hand in hand to walk with us and showing us the path. We are also thankful to the Korean families and consolata friends who always try to get us involved even when we do not understand. We request for your prayers as we continue inserting ourselves in this new mission. May God bless your Apostolate and Our Mother Mary intercede for our mission.

Fraternal greetings.

P. Stephano Nangaa, IMC

OUR FIRST 4 MONTHS EXPERIENCE

IN THE MISSION IN SOUTH KOREA

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