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Lo studio dei manoscritti miniati e lo studio dei manufatti in archeologia medievale: metodologie a confronto

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«Mediaeval Sophia». Studi e ricerche Sui Saperi Medievali

E-Review annuale dell’Officina di Studi Medievali 19 (gennaio-dicembre 2017), pp. 297-473 w w w. m e d i a e v a l s o p h i a . n e t

O estudo dos manuscritos iluminados e dos

arte-factos na Arqueologia da Idade Média:

metodologias em comparação

Lo studio dei manoscritti miniati e lo studio dei

manufatti in archeologia medievale:

metodologie a confronto

a cura di

M

aria

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ilotta

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rata

Atti del Workshop Internazionale (Lisbona, Faculdade de Ciências Sociais e Humanas

da Universidade Nova de Lisboa, 13 febbraio 2015)

Ms. IX, f. 1r (Biblioteca Capitolare di Vercelli, Italia); Vaso proveniente da scavi archeologici, conservato nel Museu Nacional Grão Vasco di Viseu (fotografia di Cátia Viana)

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«Mediaeval Sophia». Studi e ricerche Sui Saperi Medievali

E-Review semestrale dell’Officina di Studi Medievali 19 gennaio-dicembre 2017), pp. 299-300

w w w. m e d i a e v a l s o p h i a . n e t

M

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oPhia

19

gennaio-dicembre 2017

soMMario sezione sPeCiale

attidel WorkshoPinternazionaleO estudo dos manuscritos iluminados e dos

arte-factos na Arqueologia da Idade Média: metodologias em comparação/Lo studio dei manoscritti miniati e lo studio dei manufatti in archeologia medievale: metodologie

a confronto. Lisbona, 13 febbraio 2015.

A cura di Maria Alessandra Bilotta, Catarina Tente e Sara Prat

Maria Alessandra Bilotta-Catarina tente-Sara Prata, Introduzione 295

Maria Alessandra Bilotta, Per lo studio delle circolazioni artistiche

e culturali nella Penisola iberica nel Medioevo: la riscoperta di un fram-mento giuridico miniato bolognese conservato nella Biblioteca Pública di

Évora fra storia, storia dell’arte e archeologia del libro 301

Inês Correia, Compreender a materialidade do manuscrito

medie-val no contexto de produção e uso. Um olhar sobre a Biografia do

manu-scrito Medieval 337

Adriaan de Man, Between Conimbriga and Condexe: the configura

-tion of a medieval site 353

Roberto Farinelli, Scritture esposte medievali e contesti

archeologi-ci: alcuni casi dalla Toscana meridionale 361

Maria MarCosCoBaleda, Estudio del ataurique almorávide a partir

de las yeserías del Carmen del Mauror en el Museo de la Alhambra (Granada) 377

Sara Prata, Objectos arqueológicos alto-medievais em contexto

doméstico: o caso da Tapada das Guaritas (Castelo de Vide, Portugal) 407

José Carlos QuaresMa, A villa de Frielas na Antiguidade Tardia:

(4)

1 9 ( g e n n a i o - d i c e m b r e 2 0 1 7 )

Sezione Speciale - Mediaeval Sophia 19 (gennaio-dicembre 2017) - Sommario

300

Anne tournieroux, Livres à lire, livres à voir. Mesurer le luxe de bibliothèques privées de la France du Nord et d’Italie septentrionale et

centrale à la fin du Moyen Age (1400-1520) 449

(5)

«Mediaeval Sophia». Studi e ricerche Sui Saperi Medievali

E-Review annuale dell’Officina di Studi Medievali 19 (gennaio-dicembre 2017), pp. 301-306 w w w. m e d i a e v a l s o p h i a . n e t

i

ntroduzione

L’interesse per l’aspetto materiale del manoscritto miniato medievale ha assun-to, come è noassun-to, un’importanza sempre maggiore negli ultimi decenni;1 infatti, come

esposto da Marilena Maniaci, «lo studio scientifico del manoscritto nella sua specifica

qualità di oggetto «archeologico» è un fenomeno alquanto recente: fino all’inizio del

secolo scorso, il codice è stato per lo più considerato come un contenitore di testi, ov-vero come un semplice supporto di scrittura e di immagini».2

Tale studio archeologico/codicologico del libro miniato facilita notoriamente la comprensione di quelle che sono le particolarità strutturali del manoscritto e aiuta a chiarire anche le dinamiche che regolano i procedimenti della trasmissione dei testi. Questo studio permette, inoltre, di ridisegnare la storia della produzione dei singoli esemplari manoscritti e di porre tali esemplari in relazione fra di loro, facilitando in tal modo la ricostruzione storica del quadro delle dinamiche dei comportamenti e delle relazioni culturali, sociali, economiche, artistiche messe in atto per produrli, usarli, scambiarli ed anche per smembrarli oppure scartarli. È possibile pertanto esaminare le dinamiche sociali ed economiche entro le quali si immette il ciclo di produzione del libro manoscritto3 e gli effetti sociali di tale produzione.4

Come scrive Marilena Maniaci, «La «visibilità» di ciò che, nel libro, non è né

te-sto (studiato da filologi o te-storici della letteratura, della sacra scrittura, della liturgia ...), né scrittura (oggetto dell’attenzione specifica dei paleografi), né decorazione (di perti -nenza degli storici dell’arte) è la conseguenza recente di interessi svariati e non piena-mente armonizzati, per cui gli indirizzi attuali della ricerca codicologica non appaiono

come il frutto di una specifica riflessione teorica, ma corrispondono a diverse modalità concrete di «guardare» il codice e di interrogarlo. La codicologia può ritenersi pertanto

una materia giovane, e priva a tutt’oggi di una sistematizzazione epistemologica suffi

-cientemente solida e consensuale, che ne fissi in maniera puntuale significato, obiettivi

e orientamenti metodologici (le tappe essenziali dell’evoluzione della disciplina sono lucidamente delineate da Denis Muzerelle)».5

1 M. ManiaCi, Orientamenti e problematiche della ricerca codicologica [riproduzione parziale

on-line del primo capitolo di M. ManiaCi, Archeologia del manoscritto. Metodi, problemi, bibliografia

recente, Viella, Roma 2002, pp. 15-37 (I libri di Viella, 34)]: http://www.let.unicas.it/dida/links/didatti-ca/palma/testi/maniaci1.htm (ultimo accesso: 19 settembre 2017).

2Ibid.

3 Cf. E. GianniChedda (ed.), Antichi mestieri. Archeologia della produzione, Sagep ed., Genova

1996; S. GeliChi, Introduzione all’archeologia medievale. Storia e ricerca in Italia, Carocci Editore,

Roma 2016, p. 206 (Aulamagna, 8).

4 Cf. T. Mannoni-E. GianniChedda, Archeologia della produzione, Einaudi, Torino 1996, p. XVII

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Introduzione Sezione speciale - Mediaeval Sophia 19 (gennaio-dicembre 2017)

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In questo contesto di analisi storica e codicologica si ripresenta con continuità, allo studioso del manoscritto miniato medievale, il quesito del rapporto con l’archeo-logia vera e propria – in particolare con l’archeol’archeo-logia della produzione, del commercio e dell’uso – e con le metodologie di indagine peculiari a quest’ultima disciplina, meto-dologie che certamente possono integrare e completare quelle proprie dello studio del manoscritto. Esiste dunque la necessità di un confronto, la necessità della creazione di un ambiente intermedio tra le due discipline che permetta una discussione dialettica ed una analisi che contribuisca a strutturare e ad arricchire la narrazione storica in senso multidisciplinare e interdisciplinare.

L’obbiettivo del Workshop internazionale O estudo dos manuscritos iluminados

e dos artefactos na Arqueologia da Idade Média: metodologias em comparação (Lo

studio dei manoscritti miniati e lo studio dei manufatti in archeologia medievale: me-todologie a confronto), svoltosi a Lisbona, presso la Faculdade de Ciências Sociais e Humanas da Universidade Nova de Lisboa, il 13 febbraio 2015, è stato proprio quello

di mettere a confronto, attraverso l’analisi di qualche caso specifico, i metodi scien

-tifici utilizzati per studiare i manoscritti miniati (storia della miniatura e codicologia)

e quelli utilizzati per studiare i manufatti e le strutture (archeologia medievale). In queste discipline, storia della miniatura, codicologia e archeologia medievale, i con-testi di produzione e di uso degli oggetti sono fondamentali per la loro comprensione. L’organizzazione di questa attività di ricerca comparativa è legata ad un progetto di

post-dottorato finanziato dalla Fundação para a Ciência e a Tecnologia (FCT) por-toghese (nr. di riferimento SFRH/BPD/74298/2010) ed è stata organizzata dall’IEM (Instituto de Estudos Medievais – FCSH/NOVA) in collaborazione con il LAMOP (Laboratoire de médiévistique occidentale de Paris, UMR 8589 – Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne – CNR).

A partire dalla analisi di casi specifici, archeologici e codicologici, alcuni inediti,

approfondendo la comprensione degli aspetti produttivi e delle scelte metodologiche impiegate per studiarli, si è tentato di mostrare le analogie e le differenze fra i due percorsi di analisi, quello archeologico e quello della storia della miniatura e della

codicologia, con la finalità di comprendere meglio in che misura è possibile adattare e

applicare metodi differenti per pervenire ad una conoscenza più profonda dell’oggetto, del manufatto, e del suo contesto.

In archeologia lo studio dell’oggetto o della struttura è condizionato dal con-testo. Il contesto in archeologia è un pilastro fondamentale di tutta la disciplina. Il contesto di un determinato oggetto archeologico è dato dalla matrice geologica che

lo circonda, dalla sua posizione verticale e orizzontale nella stratigrafia e dalla sua

relazione con altri oggetti e strutture.6 In tal modo, è questo contesto che permette di

comprendere pienamente l’oggetto, di datarlo e di dargli significato. È questo studio integrato delle varie parti che costituiscono un contesto archeologico che ha permesso

6 C. renFreW-P. Bahn, Archaeology:Theories, Methods and Practice, 5th edition, Thames and

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Introduzione Sezione speciale - Mediaeval Sophia 19 (gennaio-dicembre 2017) 303

che si oltrepassasse lo studio dell’oggetto in sé ed ha impedito che gli si attribuissero funzioni a volte erronee o limitate. Un oggetto o una struttura hanno una propria storia

ed in essa hanno assunto vari significati. Dalla origine della loro creazione, ai loro vari usi e funzionalità, fino al loro abbandono (fortuito o intenzionale), gli oggetti hanno

assunto varie identità. Tali identità sono percepite dall’archeologo in base al contesto

nel quale l’oggetto è reperito. Naturalmente, come lo ha definito Michael Brian Schif -fer, il contesto archeologico risulta da innumerevoli fattori che lo studioso ha sistema-tizzato, ma la percezione di tali fattori è effettivamente uno dei compiti fondamentali dell’archeologia.7 Nel Workshop sono state presentate ricerche archeologiche inerenti

al contesto e a come tale contesto può essere focalizzato in differenti scale di analisi. L’interesse manifestato nei confronti degli argomenti affrontati nel Workshop ci ha sollecitato a pubblicare gli interventi in esso presentati ai quali se ne sono aggiunti altri che hanno permesso di abbordare, in maniera ancora più ampia e da diverse pro-spettive, il confronto fra le due differenti procedure di indagine.

I procedimenti produttivi del manoscritto medievale, le operazioni di fascicola-zione, cucitura, legatura, mise en page e mise en livre dei testi, in sostanza gli aspetti strutturali del processo di produzione del codice miniato sono al centro del contributo di Inês Correia (Compreender a materialidade do manuscrito medieval no contexto de

produção e uso – Um olhar sobre a Biografia do manuscrito Medieval –).

Le qualità materiali della pergamena, la sua resistenza alle condizioni ambien-tali più sfavorevoli nonché la sua versatilità sono state le principali cause che hanno portato, nel corso dei secoli, allo smembramento di quei manoscritti considerati non più fruibili, non più necessari oppure portatori di un messaggio intellettuale non più in sintonia con la mentalità culturale di volta in volta dominante, e ad un reimpiego fun-zionale dei loro fogli di pergamena, dettato dalla volontà o dalla necessità di recuperare un materiale pregiato e costoso. Infatti, già a partire dai primi secoli del Medioevo, i fogli membranacei dei codici ormai in disuso venivano reimpiegati sia come materiale scrittorio a basso costo nei codici palinsesti, sia come rinforzo nelle legature di altri

codici più moderni sia, infine, con particolare frequenza tra la metà del Cinquecento

e la metà del Seicento, come legatura per i registri notarili, parrocchiali, ecclesiastici, comunali.8 Il codice usato dal legatore come fonte di materiale per il proprio lavoro

7M. B. sChiFFer, Formation Processes of the Archaeological Record, University of Utah Press,

Salt Lake City 1996.

8 Sul recupero e lo studio dei frammenti di manoscritti medievali e rinascimentali si vedano: A.

PetruCCi, «Spazi di scrittura e scritte avventizie nel libro altomedievale», in Ideologie e pratiche del

reimpiego nell’alto medioevo (Spoleto, 16-21 aprile 1998), Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 1999, pp. 981-1010 (Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 46); M.

Perani-C. ruini (a cura di), «Fragmenta ne pereant». Recupero e studio dei frammenti di manoscritti

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Introduzione Sezione speciale - Mediaeval Sophia 19 (gennaio-dicembre 2017)

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veniva necessariamente distrutto e ridotto in frammenti che potevano avere dimensioni diverse: dall’intero foglio alla carta a parti di essa.9 Moltissimi di questi frammenti,

specialmente quelli di manoscritti decorati o illustrati, allontanati dal contesto librario per il quale erano stati originariamente concepiti e ormai distaccati anche da quello, li-brario o documentario, nel quale sono stati successivamente riutilizzati, sono reperibili nelle biblioteche europee. In questo ambito si colloca il contributo di Maria Alessandra Bilotta (Per lo studio delle circolazioni artistiche e culturali nella Penisola iberica nel Medioevo: la riscoperta di un frammento giuridico miniato bolognese conservato

nella Biblioteca Pública di Évora fra storia, storia dell’arte e archeologia del libro),

nel quale si analizza il frammento di un manoscritto giuridico miniato sinora inedito

ritrovato in Portogallo. Lo studio di tale frammento offre alcuni spunti di riflessione

utili per contribuire a chiarire meglio il quadro dello studio degli aspetti storici, sociali

ed economici del libro medievale, «un ben identificato prodotto artigianale [dall’alto

valore economico] che alcuni secoli di esperienza produttiva avevano elaborato in fun-zione di una società colta».10 Lo studio di tale frammento contribuisce anche a chiarire

lo scenario dei legami culturali che legavano il Portogallo alla Penisola italiana nel Me-dioevo e così pure le dinamiche e i metodi delle circolazioni artistico-culturali e

giuri-diche che in quest’epoca hanno coinvolto e avvicinato questi due territori geografici.

Ai luoghi di conservazione dei manufatti librari, alle biblioteche private fra il 1400 ed il 1520, e ai patrimoni manoscritti in esse contenuti è dedicato il saggio di Anne Tournieroux (Livres à lire, livres à voir. Mesurer le luxe de bibliothèques

pri-vées de la France du Nord et d’Italie septentrionale et centrale à la fin du Moyen Age

[1400-1520]). Attraverso una attenta analisi delle fonti documentarie, quali testamenti

e inventari, la studiosa ha potuto delineare con precisione, infatti, la consistenza e il pregio delle raccolte librarie preservate in tali biblioteche, formatesi per effetto di ac-quisti, doni e lasciti. Tali fonti documentarie sono pertanto anche una spia di rapporti commerciali e indicatori di cultura e dello status socio-economico elevato dei

posses-sori di tali raccolte, particolarmente attratti dal lusso e dalla raffinatezza.

Come è stato osservato da Armando Petrucci, la cultura scritta include

documen-ti e libri ma anche sigilli, monete, epigrafi, tavolette cerate, opere che trattano di lettura o di scrittura, raffigurazioni artistiche nelle quali compaiono scritture e libri, graffiti.11

9 Le dimensioni sono in genere dovute all’uso che ne viene fatto: più frequente per il rinforzo dei

dorsi è l’uso di parti di pagine; in altri casi i frammenti sono impiegati per il restauro, inteso unicamente come rinsaldo di parti fragili; raramente si trovano pagine usate come controguardie o per rinforzo ai piatti; ancora più rari sono i casi nei quali interi fogli membranacei manoscritti e addirittura miniati siano stati destinati a fungere da coperte per libri a stampa. Cf. N. sCianna, «Nuove metodologie per

la conservazione e fruibilità dei frammenti membranacei e cartacei», in M. Perani-C. ruini (a cura di),

«Fragmenta ne pereant», cit., pp. 33-40: 33.

10 Cf. A. PetruCCi, «La concezione cristiana del libro fra VI e VII secolo», in A. PetruCCi,

Scrive-re e leggeScrive-re nell’Italia medievale, a cura di Ch. M. Radding, Edizioni Sylvestre Bonnard, Milano 2007, pp. 43-63: 55.

11 Cf. Ch. M. raddinG, «Introduzione», in A. PetruCCi, Scrivere e leggere nell’Italia medievale,

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Introduzione Sezione speciale - Mediaeval Sophia 19 (gennaio-dicembre 2017) 305

Nello studiare questi tipi di documenti, come ad esempio le epigrafi, dal punto di vista archeologico, nell’ottica di una «archeologia dell’epigrafia», è possibile identificare alcuni aspetti che non si limitano alla storia della scrittura ma rappresentano un ele-mento importante per contribuire allo studio degli insediamenti medievali come dimo-stra il saggio di Roberto Farinelli (Scritture esposte medievali e contesti archeologici:

alcuni casi dalla Toscana meridionale) nel quale lo studioso dimostra come lo studio

degli insediamenti medievali nel territorio dell’antica diocesi di Populonia/Massa

Ma-rittima si sia avvalso ampiamente del dato epigrafico anche per valutare la diacronia dell’estensione topografica e, indirettamente, del valore demografico di città e castelli.

Nel suo contributo, Maria Marcos Cobaleda ha fornito una lettura originale delle informazioni contenute negli arabeschi almoravidi che decorano i gessi del Carmen del Mauror custoditi nel Museo della Alhambra di Granada (Estudio del ataurique almorávide a partir de las yeserías del Carmen del Mauror en el Museo de la

Alham-bra [Granada]), seguendo una metodologia di indagine innovativa che ha permesso

alla studiosa di dimostrare che esiste una organizzazione interna degli arabeschi che si può sistematizzare in sequenze numeriche molto variate, che mostrano un’evoluzione, in epoca almoravide, nei gessi andalusi e che consente di proporre una datazione più precisa per i gessi di questo periodo.

Per quanto riguarda i contributi propriamente archeologici riuniti in questa rac-colta, come già detto poc’anzi, sono stati presentati diversi casi di studio nei quali si sono applicate differenti scale di analisi.

Il lavoro di Adriaan De Man si focalizza su una scala più ampia, occupandosi della città romana di Conimbriga (localizzata nel centro del Portogallo) e delle sue trasformazioni durante i primi secoli del Medioevo. In Between Conimbriga and

Con-dexe: the configuration of a medieval site, l’autore mette a confronto i dati provenienti

da fonti scritte con quelli rilevati e reperiti nei differenti contesti archeologici identifi -cati nella città e mostra in che modo i due tipi di informazioni contrastano fra di loro. Una differente scala di analisi è stata utilizzata nella ricerca di José Carlos Quaresma il quale, nel contributo A villa de Frielas na Antiguidade Tardia: evolução estratigráfica

entre c. 410 e 525-550 d. C., presenta i risultati dello studio di oggetti quali le ceramiche

di importazione tardo-antiche per datare la sequenza cronologica dell’occupazione di una antica villa romana (situata nella attuale periferia di Lisbona). Lo studio delle ceramiche

di importazione ha avuto uno sviluppo molto significativo negli ultimi decenni, in parti -colare in relazione con lo studio del loro contesto di produzione e di distribuzione. Ciò ha permesso una sistematizzazione dei centri di produzione e delle rispettive produzioni nel corso del tempo. Come si può constatare dalla lettura del testo di Quaresma, i progressi in particolare nello studio di questi oggetti e nello studio della loro relazione con il contesto

di origine hanno potenziato l’ottenimento di definizioni cronologiche molto precise, una

cosa che non è molto comune nei registri archeologici.

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Introduzione Sezione speciale - Mediaeval Sophia 19 (gennaio-dicembre 2017)

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La analisi di una struttura abitativa di minore dimensione (quale una casa al-to-medievale localizzata nell’Alto Alentejo) è il tema affrontato da Sara Prata nel suo contributo. Nel suo saggio intitolato Objectos arqueológicos alto-medievais em

con-texto doméstico: o caso da Tapada das Guaritas (Castelo de Vide, Portugal), l’autrice

tratta di un contesto abitativo di ambito rurale; una tipologia di contesto abitativo, quello rurale, particolarmente impegnativa per un archeologo poiché, normalmente, non presenta resti materiali molto visibili né agevolmente databili. In questa ricerca lo studio della casa, dei materiali che la compongono, degli oggetti che in essa si tro-vavano, così come la disposizione di questi ultimi, hanno aiutato a comprendere la vita delle famiglie che la hanno abitata così come la funzionalità dello spazio e degli oggetti che tali famiglie hanno utilizzato. Nel contributo sono state affrontate anche le questioni dei processi post-deposizionali che hanno interferito nella conservazione del registro archeologico e di come tali processi possono condizionare non solo la conser-vazione dei resti materiali ma anche la lettura che un archeologo fa di essi.

La presente raccolta intende dare un risalto speciale al confronto fra diverse metodologie di analisi degli oggetti, siano essi manoscritti miniati oppure oggetti pro-venienti da contesti archeologici. Per procedere in tale confronto un particolare rilievo è stato dato alla questione del contesto e di come tale contesto condiziona la lettura di un determinato manufatto. Nei contributi relativi al registro archeologico sono state utilizzate differenti scale di analisi per mettere in evidenza diverse metodologie di stu-dio e di indagine in archeologia e per mostrare come, in tali metodologie, il contesto archeologico svolge un ruolo centrale.

La archeologia è attualmente una scienza profondamente interdisciplinare che molto ha acquisito dai differenti approcci che altre scienze utilizzano relativamente al suo oggetto di studio. In questo senso, il dialogo ed il confronto con specialisti nello

studio di un oggetto come il libro miniato medievale sono concepiti con la finalità di definire nuove forme di osservazione e di analisi del manufatto e di comprenderne i suoi vari significati.

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«Mediaeval Sophia». Studi e ricerche Sui Saperi Medievali

E-Review annuale dell’Officina di Studi Medievali 19 (gennaio-dicembre 2017), pp. 307-341 w w w. m e d i a e v a l s o p h i a . n e t

Maria Alessandra Bilotta

Per lo studio delle circolazioni artistiche e culturali nella

Peni-sola iberica nel Medioevo: la riscoperta di un frammento

giuri-dico miniato bolognese conservato nella

Biblioteca Pública

di

Évora fra storia, storia dell’arte e archeologia del libro

Lo studio sistematico dei manoscritti e frammenti giuridici miniati conser-vati nelle biblioteche del Portogallo, condotto nell’ambito di un progetto di ricerca

post-dottorato, finanziato dalla Fundação para a Ciência e a Tecnologia (FCT) por-toghese,1 ha rappresentato l’occasione di nuove analisi e approfondimenti rivolti allo

studio di un interessante gruppo di frammenti giuridici miniati conservati nella

Biblio-teca Pública di Évora. Tra questi disiecta membra codicum, il frammento appartenente

al fondo Pergaminhos fragmentados e contrassegnato dalla segnaturadoc. 97 Pasta 1

(fig. 1), che sarà oggetto di questo contributo, offre alcuni spunti di riflessione utili per

contribuire a chiarire meglio il quadro dei legami culturali che legavano il Portogallo alla Penisola italiana nel Medioevo e così pure le dinamiche e i metodi delle circola-zioni artistico-culturali e giuridiche che in quest’epoca hanno coinvolto e avvicinato

questi due territori geografici.

1. Un frammento miniato di un manoscritto bolognese del Decreto di Graziano

Come poc’anzi accennato, il frammento doc. 97 Pasta 12 (fig. 1, 2) appartiene

al fondo Pergaminhos fragmentados della Biblioteca Pública di Évora.3 Tale fondo

riunisce i frammenti manoscritti che sono stati reimpiegati un tempo come coperte dei registri dell’Archivio notarile di Évora (Livros do Arquivo Notarial de Évora). I registi

dell’Archivio notarile erano, come è noto, libri di atti notarili (certificati, donazioni,

1 Questa ricerca si è realizzata nell’ambito del nostro progetto di ricerca post-dottorato, finanziato

dalla Fundação para Ciência e Tecnologia (FCT) portoghese (nr. di riferimento SFRH/BPD/74298/2010) e svolto presso l’IEM (Instituto de Estudos Medievais – FCSH/NOVA).

2 Il frammento doc. 97 Pasta 1 si presenta in discreto stato di conservazione e misura 324x289mm

[aperto: 324x567 mm] e si trova sommariamente descritto nell’Inventário dos códices iluminados até 1500, Vol. II, Distritos de Aveiro, Beja, Braga, Bragança, Coimbra, Évora, Leiria, Portalegre, Porto, Setúbal, Viana do Castelo e Viseu: Apêndice – Distrito de Lisboa, Lisboa, Biblioteca Nacional, 2001, p. 121 nr. 205.

3 Tale fondo non è stato ancora oggetto di una catalogazione sistematica e non si trova inserito

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1 9 ( g e n n a i o - d i c e m b r e 2 0 1 7 )

Maria Alessandra Bilotta

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procure, quietanze, scritture di vendita, di garanzia, locazione etc.) e/o di testamenti, redatti perlopiù da notai pubblici (tabeliães) che avevano l’incarico di redigere e con-servare gli atti giudiziali e privati.4

Per dispaccio ministeriale, nella prima metà del XX secolo, tali libri, sino ad allora custoditi nei vari archivi notarili del Portogallo, vennero ridistribuiti negli ar-chivi e biblioteche pubbliche del Paese. Pertanto, a quest’epoca deve risalire anche l’ingresso dei registri dell’Archivio notarile di Évora, e di conseguenza del frammento manoscritto in esame, nella Biblioteca Pública della stessa città.5

Il frammento doc. 97 Pasta 1 è stato staccato dal registro notarile del quale co-stituiva la legatura nell’ottobre 1946,6 seguendo i principi della archeologia del testo,

miranti cioè non solo al recupero del registro notarile integro (recupero quest’ultimo proprio all’archeologia del libro) ma anche al recupero del testo e del frammento del manoscritto che lo tramanda, un tempo riciclato e reimpiegato con lo scopo di fungere da legatura di tale registro.7 In seguito a questo distacco il frammento in esame risulta

attualmente del tutto decontestualizzato.

4 Sul profilo professionale e socio-economico dei notai pubblici (tabeliães) in Portogallo nei secoli XIV e XV la bibliografia è molto ampia; per una visione generale di insieme si consultino il

«classico» lavoro di H. G. Barros, História da Administravao Pública em Portugal nos séculos XII a

XV, 2a edizione (a cura di T. S. Soares), Livraria Sá da Costa, Lisboa 1950, Tomi I-III; M. H. da Cruz

Coelho, «Os Tabeliães em Portugal perfil profissional e sócio-económico», in M. R. Morujão-M. H. da Cruz Coelho-M. J. azevedo santos-S. A. GoMes, Estudos de Diplomática Portuguesa, Edições

Colibri, Lisboa 2001, pp.13-40, 93-137 (Estudos [Universidade de Coimbra]); il contributo di J. Mat -toso in Identificação de un País. Ensaio sobre as origens de Portugal. 1096-1325, II: Composição,

Estampa, Lisboa 1987, pp. 57-70 e ancora l’utilissimo saggio di S. A. GoMes, O notariado medieval

português. Algumas notas de investigação, in «Humanitas» 2 (2000), pp. 241–286, disponibile

on-li-ne al link seguente: http://www.uc.pt/fluc/eclassicos/publicacoes/ficheiros/humanitas52/10_Gomes.

pdf (ultimo accesso: 28 agosto 2017).

5 Ringraziamo sentitamente il Dottor Vicente Fino, conservatore del fondo antico della Biblioteca

Pública di Évora per averci trasmesso queste informazioni (comunicazione scritta del 31 maggio 2017). Secondo A. d. Castro, Incorporações. Cartórios notariais da comarca de Lisboa, in «Anais das

Biblio-tecas e Arquivos de Portugal» 1.3 (1915), pp. 104-111 (disponibile on-line al link seguente: http://purl.

pt/258/1/bad-1507-v/bad-1507_1-serie/index-a_1914-15-HTML/M_index.html [ultimo accesso: 11 set-tembre 2017]), tale processo di ridistribuzione dei registri notarili cominciò ad attivarsi Lisbona nel 1912 e negli stessi anni deve essere stato messo in pratica anche negli altri distretti. A Évora venne esteso il decreto ministeriale del 1916 e l’Arquivo Distrital de Évora già stava raccogliendo in quell’epoca i regi-stri parrocchiali. Cf. J. dantas, O segundo ciclo de incorporações, in «Anais das Bibliotecas e Arquivos

de Portugal» 2.8 (1916), pp. 119-132: 129-130 (disponibile on-line al link seguente: http://purl.pt/258/1/

bad-1507-v/bad-1507_1-serie/index_1916-HTML/M_index.html [ultimo accesso: 11 settembre 2017]).

6 Tale informazione ci è stata trasmessa dalla Dottoressa Ana Miranda della Biblioteca Pública di

Évora (comunicazione scritta dell’11 agosto 2015) nell’ambito dell’organizzazione della mostra (nella quale il frammento manoscritto in esame è stato esposto), curata da chi scrive, A circulação do Direito na Europa Medieval: manuscritos jurídicos europeus em bibliotecas portuguesas che si è tenuta a Li-sbona, al Museu do Livro della Biblioteca Nazionale del Portogallo, dal 26 febbraio al 31 maggio 2016.

7 Cf. M. Perani, «Codicum hebraicorum fragmenta. I manoscritti ebraici riusati nelle legature

d’I-talia», in M. Perani-C. ruini (a cura di), «Fragmenta ne pereant». Recupero e studio dei frammenti di

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Come è noto, a partire dal XVI secolo e fino a tutto il XVIII, era in uso, in tutto

il territorio europeo, Portogallo compreso,8 la prassi di confezionare i registri notarili

reimpiegando come legature e coperte i fogli di pergamena derivati dallo smembramen-to di antichi manoscritti medievali, ritenuti obsoleti, di poca importanza e scarso valore (musicali, liturgici, giuridici, ebraici, latini, vergati in lingue romanze come, ad esempio, il provenzale oppure l’antico italiano9) i quali diventarono così fonti di materia prima a

basso costo per i legatori; un materiale resistente e più economico rispetto alla perga-mena nuova, molto più cara. Pedro Pinto ricorda a questo proposito come nel 1521, in Portogallo i fogli scritti di pergamena venissero raschiati per poter essere in tal modo riutilizzati ancora una volta, data la scarsità e il costo di questo pregiato materiale.10

8 Per una sintesi recente del quadro degli studi relativi ai frammenti di manoscritti medievali in

territorio portoghese si vedano S. A. GoMes, O Projecto FRAGMED – Corpus Portugaliae Fragmentorum,

in«Biblos» s. II, 4 (2006), pp. 558-560; S. A. GoMes-A. M. r. reBelo, Do fragmento ao saber. O Projecto

FRAGMED – Corpus Portugaliae Fragmentorum, in «Forma Breve: Revista de Literatura» 4 (2006), pp. 65-80: 66-69 (disbonibile on-line al link: http://revistas.ua.pt/index.php/formabreve/article/view/274 [ul-timo accesso: 24 agosto 2017]); P. Pinto, Fragmentos de pergaminho na Torre do Tombo: um inventário

possível (1315-1683), in «Revista de História da Sociedade e da Cultura» 11 (2014), pp. 31-84: 32-42 (in

questo articolo l’autore fornisce un inventario dei 108 frammenti in lingua portoghese conservati nell’Ar-chivio Nazionale della Torre do Tombo a Lisbona). Pedro Pinto ricorda anche che la prassi di confezionare i registri notarili reimpiegando come legature e coperte i fogli di pergamena derivati dallo smembramento di antichi manoscritti medievali è perdurata in Portogallo, in alcuni casi particolari, anche nel XIX secolo come, ad esempio, nel distretto di Leiria nel periodo successivo alle invasioni francesi (invasioni che pro-vocarono una interruzione dei circuiti di acquisto di beni e materie-prime). Lo studioso ricorda, infatti, che all’incirca il 20% dei frammenti di manoscritti conservati nell’Archivio Distrettuale di Leiria fungevano da coperte e legature a registri notarili e libri parrocchiali risalenti agli anni 1800-1819. Lo studioso ricorda pure che nella provincia di Alcobaça più di un centinaio di frammenti ricoprivano registri notarili datati al XIX secolo inoltrato; cf. A. B. s. vinaGre, «Manuscritos de capas de Livros Paroquiais e Notariais do Ar-quivo Distrital de Leirial do séc. XII a XIX (Inventário Preliminar)», in Colóquio sobre História de Leiria e da sua Região: Actas, II, Câmara Municipal de Leiria, Leiria 1985, pp. 13-54; P. Pinto, Fragmentos de

pergaminho na Torre do Tombo, cit., p. 32 nota 1.

9 Si veda E. Caldelli, I frammenti della Biblioteca Vallicelliana. Studio metodologico sulla

cata-logazione dei frammenti di codici medievali e sul fenomeno del loro riuso, Istituto storico italiano per il Medio Evo, Roma 2012; si consultino, ad esempio, per i frammenti romanzi A. antonelli, Frammenti

romanzi di provenienza estense, in «UNIFE. Annali Online Lettere» 7 (2012), pp. 38-66 (disponibi-le on-line: http://annali.unife.it/(disponibi-lettere/index [ultimo accesso: 25 agosto 2017]); M. CaMBi,

Frammen-ti dell’Histoire d’Outremer dall’Archivio Capitolare di Pistoia, in «Studi Mediolatini e Volgari» 61

(2015), pp. 37-65. Armando Antonelli ha definito la metodologia utilizzata per il recupero e lo studio dei frammenti manoscritti reperiti in contesto archivistico «filologia del relitto»: A. antonelli,

«Filolo-gia del relitto: nuovi frammenti delle Genealogie deorum gentilium di Giovanni Boccaccio», in G. M.

anselMi-G. BaFFetti-C. delCorno-S. noBili (a cura di), Boccaccio e i suoi lettori. Una lunga ricezione,

Il Mulino, Bologna 2014, pp. 279-292. Per i frammenti giuridici si vedano, ad esempio, due contributi recentemente pubblicati: M. BertraM–U.-R. BluMenthal, «Fragmente einer auffälligen Handschrift

des Decretum Gratiani aus dem 12. Jahrhundert in Rieti (Latium)», in P. O. kraFl (ed.), Sacri canones

editandi. Studies on Medieval Canon Law in Memory of Jiří Kejř, Brno 2017 (Ius canonicum medii aevi, 1); pp. 81-134; M. ŠárovCová, «From Italy to Bohemia. An unknown illuminated fragment of the

Decretum Gratiani», ivi, pp. 135-146.

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Maria Alessandra Bilotta

310

Gli studi relativi ai frammenti di manoscritti medievali furono inaugurati in

ter-ritorio portoghese alla fine del XIX secolo e nei primi anni del XX: si trattava di studi monografici relativi alla identificazione di alcuni singoli esemplari ritrovati.11

Succes-sivamente, il primo lavoro approfondito di ampio respiro riguardante i frammenti di manoscritti medievali in Portogallo si deve al Padre Avelino Jesus da Costa il quale dal 1944 al 1952 ha condotto, grazie al patrocinio dell’Istituto para a Alta Cultura, un sistematico e meritorio lavoro di censimento dei frammenti (letterari, giuridici e litur-gici), in latino e in portoghese, custoditi nelle biblioteche e negli archivi nel Paese.12

Sulla scia degli studi di Avelino de Jesus da Costa altre ricerche sono state pubblicate negli anni seguenti, in particolare relative alle scoperte di singoli frammenti di mano-scritti letterari, giuridici13 e musicali portoghesi.14 Ancora, due importanti progetti di

stração (Fevereiro de 1521), in «Revista Portuguesa de História» 29 (1994), pp. 213 228. Cf. P. Pinto,

Fragmentos de pergaminho na Torre do Tombo, cit., p. 32 nota 2.

11 T. BraGa, Questões de literatura e arte portuguesa, A. J. P. Lopes, Lisboa 1881, pp. 128-139;

P. azevedo, «Dois fragmentos de uma vida de S. Nicolau do sec. XIV em português»,in Bausteine

zur romanischen Philologie, Festgabe für Adolfo Mussa a. Max Niemeyer, Halle 1905, pp. 581-586; A. G. solalinde, Fragmentos de una traducción portuguesa del Libro de Buen Amor de Juan Ruiz, in

«Revista de Filología Española»I.2 (1914), pp. 162-172; L. F. BranCo, «Música e instrumentos», in A

questão iberica, Tipografia do Anuário Comercial, Lisboa 1916, pp. 124-126; P. azevedo, Fragmento

de um tratado de teologia do sec. XV em português, in «Revista Lusitana» 19 (1916), pp. 36-39; A.

vasConCelos, Fragmentos preciosos de dois códices paleogràfico visigóticos, in «Biblos»4 (1928), pp.

553-569; id., «Notas litúrgico bracarenses»,in Acta do Congresso Litúrgico Nacional

Romano-Braca-rense. Edição da Empresa “Acção Católica”, Braga 1928, pp. 204-216, 228-237; J. Pérez de urBel,

La liturgia de los fragmentos bracarenses, in «Opus Dei» 3 (1928-1929), pp. 319-327; L. F. BranCo,

Elementos de Sciências Musicais, vol. II,ed. autore, Leipzig 1931, pp. 27-29; G. Prado, La antigua

melopea bracarense,in «Opus Dei»4 (1929-1930), pp. 186-200; A. vasConCelos,Fragmento precioso

dum códice visigótico, in «Biblos»5 (1929), pp. 245-273. Cf. P. Pinto, Fragmentos de pergaminho na

Torre do Tombo, cit., p. 36 nota 13.

12 A. j. Costa, Fragmentos Preciosos de Códices Medievais, in «Bracara Augusta. Revista

cul-tural da Câmara Municipal de Braga» I.13 (1949), pp. 421-434: 425- 426; id., Fragmentos Preciosos de

Códices Medievais, in «Bracara Augusta. Revista cultural da Câmara Municipal de Braga»II.1 (1950), pp. 44-62. Questi due articoli sono stati ripubblicati in una raccolta degli studi dell’insigne studioso intitolata: Estudos de Cronologia, Diplomática, Paleografia e Histórico-Linguísticos, Sociedade Por-tuguesa de Estudos Medievais, Porto 1992, pp. 53-134. Esiste ancora anche una copia dattilografata con il rapporto e il censimento effettuato dall’illustre studioso. Cf. S. A. GoMes-A. M. r. reBelo, Do

fragmento ao saber.,cit., pp. 67-68 nota 2; P. Pinto, Fragmentos de pergaminho na Torre do Tombo,

cit., p. 37 nota 14.

13 Si veda, ad esempio, J. doMinGues, Um fragmento (português) da Summa Hostiensis, in

«e-Legal History Review» 14 (2012), pp. 1-14; J. doMinGues-P. Pinto, Um fragmento em português

do Ordo iudiciarius de Tancredo, in «GLOSSAE. European Journal of Legal History» 13 (2016), pp. 207-242 (l’articolo è disponibile on-line al link seguente: http://www.glossae.eu [ultimo accesso: 4 settembre 2017]).

14 M. Martins, Fragmentos medievais portugueses, in «Brotéria»50.4 (1950), pp. 403-414; L.

F. lindley Cintra, Sobre uma tradução portuguesa da General Estoria de Afonso X,in «Boletim de

Filologia»13 (1951), pp. 184-191; M. Martins, Fragmento de um tratado de teologia do séc. XV em

português, in «Brotéria» 75 (1962), pp. 416-423; L. harvey sharrer, «Fragmentos de sete cantigas

(15)

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Per lo studio delle circolazioni artistiche e culturali nella Penisola iberica... 311

ricerca collettivi, denominati rispettivamente BITAGAP (Bibliografia de Textos Anti

-gos Gale-gos e Portugueses)15 e FRAGMED, quest’ultimo coordinato da Saul António

Gomes,16 hanno permesso di approfondire ulteriormente e considerevolmente la

cono-scenza dei frammenti manoscritti presenti nel territorio portoghese. A questi progetti si aggiunge il lavoro di Pedro Pinto il quale ha inventariato i frammenti pergamenacei

manoscritti in lingua portoghese, identificati nell’Archivio nazionale della Torre do

Tombo a Lisbona.17

Come indicato da Mauro Perani per il caso italiano e più precisamente bologne-se, lo smembramento dei manoscritti ed il loro reimpiego come coperte di registri di varia misura si svolgevano nelle città dove i notai si recavano, anche da lontano, per l’acquisto di tali registri.18

I manoscritti che confluivano nelle officine dei legatori urbani per essere smem -brati e reimpieganti come legature provenivano, in alcuni casi, anche da biblioteche monastiche o capitolari, dove i libri erano soggetti a ciclica renovatio,19 oppure da

ar-Medieval. Actas do IV Congresso da Associação hispânica de Literatura Medieval (Lisboa, 1-5 Outu-bro 1991), vol. I, Edições Cosmos, Lisboa 1993, pp. 13-29; M. P. Ferreira, «Relatório preliminar sobre

o conteúdo musical do Fragmento Sharrer», ivi, pp. 35-42; A. J. R. Guerra, «Contributos para a Análise Material e Paleográfica do Fragmento Sharrer», ivi, pp. 31-34; cf. P. Pinto, Fragmentos de pergaminho

na Torre do Tombo, cit., pp. 37-38 note 14-19.

15 Il progetto BITAGAP — Bibliografia de Textos Antigos Galegos e Portugueses è condotto dal

1988 da una équipe di ricercatori composta da Arthur L-F. Askins (University of California, Berkeley); Harvey L. Sharrer (University of California, Santa Barbara); Aida Fernanda Dias (Universidade de Coimbra) e Martha E. Schaffer (University of San Francisco). Lo scopo di questo progetto è quello

di identificare testi portoghesi, letterari e storici, anteriori cronologicamente al 1501 (non sono consi -derati nel progetto i testi notarili). Tutti i testimoni manoscritti di questi testi, anche i frammenti ma-noscritti, sono disponibili on-line nella Base PhiloBiblon al link seguente: http://sunsite.berkeley.edu/ PhiloBiblon/phhmbp.html (ultimo accesso: 27 agosto 2017). Questo progetto ha portato nel 2002 alla pubblicazione di una considerevole quantità di frammenti custoditi nell’Archivio Nazionale della Torre do Tombo a Lisbona: A. L. F. askins, et alii, Fragmentos de textos medievais portugueses da Torre do

Tombo, Instituto dos Arquivos Nacionais-Torre do Tombo, Lisboa 2002.

16 Il progetto FRAGMED – Corpus Portugaliae Fragmentorum è stato condotto da una équipe di ricercatori composta da Saul António Gomes, António Ribeiro Rebelo, Mário Avelino Santiago, Samuel

Winkler e si proponeva di effettuare un censimento sistematico dei frammenti custoditi nelle biblioteche e archivi del Centro del Portogallo (archivi distrettuali e municipali) e così pure della loro tipologia testuale. Cf. supra nota 8.

17 P. Pinto, Fragmentos de pergaminho na Torre do Tombo, cit.

18 Cf. M. Perani, «Morte e rinascita dei manoscritti ebraici: il loro riuso come legature e la

loro recente riscoperta», in L. Canetti-M. Caroli-E. Morini- R. saviGni (a cura di), Studi di storia del

cristianesimo. Per Alba Maria Orselli, Longo Editore, Ravenna 2008, pp. 313-336: paragrafo 1.5; id.,

«Codicum hebraicorum fragmenta», cit., p. 55.

19 Sul fenomeno indicato come renovatio codicum, in particolare per quanto riguarda la

bibliote-ca dei papi nell’alto medioevo, si vedano: G. arnaldi, Qualche osservazione sulle origini “spontanee”

dell’università di Bologna, in «La Cultura» 8 (1970), pp. 578-580; G. Cavallo, «La trasmissione dei

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chivi municipali e venivano considerati «libri-materia-prima»,20 generalmente venduti

a peso, secondo necessità, ai legatori dai mercanti che seguivano i propri circuiti com-merciali.21 Si assiste quindi ad un tipico fenomeno di riutilizzo di un manufatto

libra-rio, già con una sua funzione precisa, quella di supporto scrittolibra-rio, per reimpiegarlo in un contesto nuovo a distanza di secoli.22 Con il diffondersi della stampa ci si liberava,

infatti, volentieri dei manoscritti che curiosamente erano stimati maggiormente come fonte di materia prima (la pergamena) che per il testo che essi tramandavano.23

È dunque possibile che il manoscritto del quale faceva parte originariamente il frammento doc. 97 Pasta 1 di Évora provenga da qualche biblioteca o archivio di questa città, come, ad esempio, la biblioteca oppure l’archivio del capitolo della , la cattedrale.24

smissione dei classici, Quattroventi, Urbino 2002, pp. 235-283]; G. BillanoviCh, La biblioteca papale

salvò le storie di Livio, «Studi petrarcheschi» n.s. 3 (1986), pp. 1-115; M. A. Bilotta, I Libri dei Papi.

La Curia, il Laterano e la produzione manoscritta ad uso del papato nel Medioevo (secoli VI-XIII), Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 2011, pp. 53-54 (Studi e testi, 465).

20 Cf. N. sCianna, «Nuove metodologie per la conservazione e fruibilità dei frammenti

membrana-cei e cartamembrana-cei», in M. Perani-C. ruini (eds.), «Fragmenta ne pereant». Recupero e studio dei frammenti di

manoscritti medievali e rinascimentali riutilizzati in legature, Longo Editore, Ravenna 2002, pp. 33-40: 33.

21 A. j. Costa, Fragmentos Preciosos de Códices Medievais, cit., pp. 421-434: 425 426 dove lo

studioso si riferisce in particolare allo smembramento della biblioteca della Sé di Braga e alla conse-guente vendita a peso dei suoi manoscritti medievali nel XVIII secolo; E. PelleGrin, «Fragments et

Membra Disiecta», in J. P. GuMPert-M. J. de haan-A. Gruys (eds.), Codicologica 3, Essais

typologi-ques, E. J. Brill, Leiden 1980, pp. 70-95: 72 -74(Litterae textuales); A. M. l. Bandeira, Pergaminho e

papel em Portugal: tradição e conservação, Celpa BAD, Lisboa 1995, pp. 15, 24; N. PiCkWoad, «The

Use of Fragments of Medieval Manuscripts in the Construction and Covering of Bindings on Printed Books», in L. L. BroWnriGG-M. M. sMith (eds.), Interpreting and Collecting Fragments of Medieval

Books, Anderson Lovelace Pub., Los Altos Hills, California 2000, pp. 1 20; J. alturoi PeruCho, Les

études sur les fragments de manuscrits en Espagne: Bilan et considérations diverses, in «Revista de

História da Sociedade e da Cultura» 12 (2012), pp. 79-112: 83-85; M. M. seixas, A encadernação

ma-nuelina a consagração de uma arte: estudo das suas características e evolução, em bibliotecas públicas portuguesas, Universidad de Salamanca, Salamanca 2013, pp. 711 712. Cf. P. Pinto, Fragmentos de

per-gaminho na Torre do Tombo, cit., p. 32 nota 2. Sui circuiti commerciali dei manoscritti membranacei da smembrare e reimpiegare si veda M. Perani, «Codicum hebraicorum fragmenta», cit., p. 55; id., «Morte

e rinascita dei manoscritti ebraici», cit., paragrafo 1.6.

22 Alcuni aspetti riguardanti pratiche di reimpiego di codici manoscritti sono state evidenziate

da Armando Petrucci. Cf. a. PetruCCi, «Spazi di scrittura e scritte avventizie nel libro altomedievale»,

in Ideologie e pratiche del reimpiego nell’Alto Medioevo. Atti della XLVI Settimana internazionale di Studi del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo (Spoleto 16-21 aprile 1998), II, CISAM, Spoleto 1999, pp. 981-1005.

23 Cf. A. j. Costa, Fragmentos Preciosos de Códices Medievais, cit., pp. 425 426; M. Perani,

«Codicum hebraicorum fragmenta», cit., p. 58.

24 La bibliografia dedicata al tema della cultura e delle biblioteche medievali portoghesi è mol -to ampia. Citiamo qui alcuni tra i contributi più significativi in particolare riguardo allo studio dei

manoscritti giuridici medievali: N. J. E. G. silva, História do Direito Português – Fontes de Direito, Fundação Calouste Gulbenkian, Lisboa 2011, pp. 266-167 nota 1 anche per la bibliografia anteriore

su queste tematiche; S. A. GoMes, Livros Medievais Portugueses. Novos elementos para o seu

conhe-cimento, in «Biblos» 3 (2005), pp. 69-84: 69 nota 1; M. j. a. Costa, História do Direito Português,

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A dare peso a questa ipotesi contribuisce una scoperta recente di Pedro Pinto.25

Nell’autunno dell’anno 2015, Pedro Pinto ha, infatti, condotto una campagna di rico-gnizione e di studio di frammenti manoscritti in lingua portoghese nell’Archivio capi-tolare della di Évora (Arquivo Histórico do Cabido da Sé), nell’ambito del già ci-tato progetto BITAGAP. Nel contesto di questa campagna di ricognizione, lo studioso

ha identificato, con l’aiuto di José Domingues, un insieme di frammenti significativi.

Analizzando il codice, che è attualmente contrassegnato nella Base PhiloBiblon con il codice di riferimento elettronico PT/ASE/CSE/K/001/Pst002 (antico CEC-10-XII),26

egli ha notato che il rilegatore del manoscritto aveva ritagliato un cospicuo numero fa-sce rettangolari in pergamena provenienti da un manoscritto medievale portoghese con

lo scopo di rinforzare la legatura e servire anche da elemento unificatore dei documenti

rilegati nel codice.27 Si tratta di più di cento frammenti, circa 139, che si trovano in

eccellente stato di conservazione (fig. 3). E sono stati identificati come provenienti dal

Livro das Confissões di Martín Pérez, ma in una traduzione portoghese. Pedro Pinto ha

scoperto che il manoscritto PT/ASE/CSE/K/001/Pst002 è stato confezionato nel 1608

(875-1200)», in J. Mattoso, Obras Completas, vol. IX, Círculo de Leitores, Lisboa 2002, pp. 209-232:

276; I. r. Pereira, Livros de direito da Idade Média.1, in «Lusitania Sacra» 7 (1964-66), pp. 7-60: 8-9,

nota 3: l’articolo è disponibile on-line nella Base Veritati – Repositório Institucional da Universidade Católica Portuguesa al link seguente: http://repositorio.ucp.pt/handle/10400.14/6416 (ultimo accesso: 2 settembre 2017); id., A Livraria da Universidade no Início do Século XVI, in «Arquivo de Bibliografia

Portuguesa» 10-12/37-48 (1964-66), pp. 155-170; id., Livros de direito da Idade Média.2, in «Lusitania

Sacra» 8 (1967-69), pp. 81-96: 96 nota 26, l’articolo è disponibile on-line nella Base Veritati – Repo-sitório Institucional da Universidade Católica Portuguesa al link seguente: http://repositorio.ucp.pt/ handle/10400.14/6417 (ultimo accesso: 2 settembre 2017); id., Achegas para a História da Cultura

Ju-rídica em Portugal, in «Boletim da Faculdade de Direito da Universidade de Coimbra» 58.2 (1982), pp. 511-528; id., Dos livros e dos seus nomes. Bibliotecas litúrgicas medievais, in «Arquivo de Bibliografia

Portuguesa» 16.63-70 (janeiro-dezenbro 1971-1973), pp. 97-167 [ripubblicato in: «SIGNO. Revista de Historia de la Cultura Escrita» 3 (1996), pp. 133-161]; id., Manuscritos de Direito canónico existentes

em Portugal. 1, in «Arquivo Histórico da Madeira» 11 (1959), pp. 196-242; id., Manuscritos de Direito

canónico existentes em Portugal. 2, in «Arquivo Histórico da Madeira» 13 (1962-1963), pp. 28-41.

Cf. J. doMinGues, Recepção do Ius commune medieval em Portugal, até às Ordenações Afonsinas, in

«Initium» 17 (2012), pp. 121-168: 126 ss.; id., Códices medievais de ius commune em Portugal: status

quaestionis, in «Anuario de estudios medievales» 46.2 (luglio-dicembre 2016), pp. 725-750: 727 nota 5 (l’articolo è disponibile on-lineal link seguente: http://estudiosmedievales.revistas.csic.es/index.php/ estudiosmedievales [ultimo accesso: 2 settembre 2017]).

25 Ringraziamo Pedro Pinto per averci comunicato questa sua scoperta (comunicazione scritta

del 1 settembre 2017).

26 BITAGAP Manid 6478. Il link di riferimento è: http://pb.lib.berkeley.edu/xtf/servlet/org.

cdlib.xtf.dynaXML.DynaXML?source=/BITAGAP/Display/6478BITAGAP.MsEd.xml&style=M-sEd.xsl&gobk=http%3A%2F%2Fpb.lib.berkeley.edu%2Fxtf%2Fservlet%2Forg.cdlib.xtf.crossQuery. CrossQuery%3Frmode%3Dphilobitagap%26everyone%3Dmartin%20perez%26city%3D%26li- brary%3D%26shelfmark%3D%26daterange%3D%26placeofprod%3D%26scribe%3D%26publi- sher%3D%26prevowner%3D%26assocname%3D%26subject%3D%26text-join%3Dand%26browse-out%3Dmsed%26sort%3Dtitle (ultimo accesso: 1 settembre 2017).

27 Ringraziamo Pedro Pinto per averci trasmesso una immagine di questo manoscritto

(18)

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314

da Baltasar Faria de Severim.28 Quanto scritto testimonia che a questa data l’archivio

capitolare della di Évora considerava di poca importanza e valore alcuni manoscritti medievali della sua biblioteca e che tali manoscritti venivano smembrati per diventare la materia prima con la quale realizzare legature per registri.

Sappiamo bene che nel Medioevo invece i codici manoscritti possedevano in Portogallo, come d’altra parte nel resto dei territori europei, un elevato valore

com-merciale, come si evince dagli studi di Isaías da Rosa Pereira, Mário Júlio de Almeida

Costa e di José Domingues.29 Lo testimonia, ad esempio, il testamento (rogato a

Mont-pellier l’8 marzo 1268, trascritto integralmente da Rosário Morujão e Peter Linehan) dell’arcivescovo di Compostella, precedentemente vescovo di Coimbra, Egas Fafes de Lanhoso, nel quale si legge che egli fece acquistare per volere testamentario un uliveto per alimentare la sua lampada del monastero di Arouca con i cospicui proventi ricavati dalla vendita di un Digestum novum, un Digestum vetus e un Codex con Institutiones: «Item mandamus quod libri nostri quos emimus jam est diu scilicet Digestum Novum cum tribus partibus, Digestum Vetus et Codex cum Institucionibus in uno volumine quos tenet a nobis Michael Vincentii vendantur et de pecunia pro eis habita ematur unum olivetum de quo illuminetur lampada nostra quam habemus in monasterio de Arauca».30 Ancora, nel medesimo testamento, il vescovo Egas Fafes stabilisce che i

suoi libri giuridici legati alla di Coimbra (dove è stata ritrovata una copia risalente al XV secolo dell’iscrizione funeraria della tomba di questo vescovo, oggi custodita nel Museu Nacional Machado de Castro31) dovevano servire soprattutto per lo studio

e la formazione dei suoi nipoti. Ma chi li volesse utilizzare doveva versare le seguenti cauzioni: per il Decreto di Graziano e per le Decretali di Gregorio IX, 100 libre ciascu-no; per le Rationes iuris canonici, 20 libre.32

28 Questa informazione è pubblicata in C. s. tarouCa, Inventário das Cartas e dos Códices

ma-nuscritos do Arquivo do Cabido da Sé de Évora, Edições Nazareth, Évora 1946, p. 92.

29 I. r. Pereira, Livros de direito da Idade Média.1, cit., pp. 13-14; M. j. a. Costa, Para a

hi-stória da cultura jurídica medieval em Portugal, in «Boletim da Faculdade de Direito» 35 (1959), pp. 253-276: 265, 267; J. doMinGues, Recepção do Ius commune medieval em Portugal,cit., pp. 151-152;

cf. id., Códices medievais de ius commune, cit., p. 728.

30 Il testamento di Egas Fafes si trova trascritto integralmente e pubblicato in M. r. B. Morujão

(a cura di), Testamenta ecclesiae Portugaliae (1071-1325), Centro de Estudos de História Religiosa da

Universidade Católica Portuguesa, Lisboa 2010, pp. 229-316: 311 (História Religiosa. Fontes e Sub -sídios, 6). Già Isaías da Rosa Pereira aveva trascritto e pubblicato alcuni brani del testamento; cf. I. r. Pereira, Livros de direito da Idade Média.1, cit., pp. 22 e 50 Cf. J. doMinGues, Códices medievais de

ius commune, cit., pp. 728, 736.

31 Coimbra, MNMC, Inv. nr. 654. Cf. M. J. BarroCa, Contributo para o estudo das epígrafes

medievais portuguesas do Museu Nacional Machado de Castro (séc. XI-XV), in «Portugalia» n.s. 16 (1995), pp. 111-201: 156-161. Il tumulo del vescovo Egar Fafes si trova ancora, come è noto, nella Sé di Coimbra, nel transetto, nella cappella di Santa Chiara, da lui commissionata. Su questo vescovo si veda M. R. B. Morujão, A Sé de Coimbra: a instituição e a chancelaria (1080-1318), Fundação

Ca-louste Gulbenkian-Fundação para a Ciência e a Tecnologia (Ministério da Ciência, Tecnologia e Ensino Superior), Lisboa 2010, pp. 130-138.

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La scrittura del frammento doc. 97 Pasta 1 di Évora è una littera bononiensis ben

conforme al canone bolognese e pertanto difficile da caratterizzare. Tale osservazione

ci permette di ipotizzare che il frammento in esame, e di conseguenza il manoscritto del quale esso faceva parte, sia stato copiato in ambito bolognese.

Le annotazioni posteriori che si leggono su quello che consideriamo il recto del frammento, doc. 97 Pasta 1 recto (A), che costituiva la prima di copertina della le-gatura di reimpiego, sono invece portoghesi. Il foglio manoscritto è stato riutilizzato capovolto nella legatura. Pertanto, in basso, in corrispondenza del margine inferiore della pagina scritta, si legge una indicazione di date, tracciata in scrittura corsiva con inchiostro bruno: «De […] 1626 até 26 de fever[eiro] de 1630». I medesimi anni sono ripetuti in scrittura nera del ’700 sul dorso33 insieme con il cognome «Roiz

= 1626•30» (fig. 1). Il medesimo cognome, vergato ancora una volta in inchiostro

nero e scrittura corsiva, probabilmente coeva a quella del dorso, si legge anche nello spazio fra il testo e la glossa. In questo punto il cognome «Roiz» (forma antica per Rodrigues) è preceduto da un nome proprio che possiamo leggere come «Manuel».34

Si tratta con ogni probabilità delle intestazioni apposte al registro dal notaio che lo ha utilizzato, il quale ha annotato presumibilmente il proprio nome, ossia Manuel Rodri-gues («Manuel Roiz»), e gli anni degli atti rogati contenuti nel registro (1626-1630). Questi stessi anni sono stati trascritti anche a matita lilla nello spazio tra il testo e la glossa al di sotto del nome «Manuel Roiz». La data del primo anno assume per noi un maggiore rilievo nel tentativo conoscere l’anno del reimpiego del manoscritto poiché la data del primo anno annotata da colui che compilava gli atti potrebbe coincidere con l’anno del riciclaggio del frammento manoscritto, come ha ipotizzato Mauro Pe-rani relativamente ai frammenti dei manoscritti ebraici da lui studiati.35 Quindi è

pro-mus et mandapro-mus videlicet quod Decretum cum Aparatu Johannis et Decretales cum Aparatu Bernaldi et Raciones Juris Canonici et Suma Huguitionis super Decreto remaneant in thesauro Colimbriensi et detur inde per mandatum episcopi et capituli secundum conditiones in isto testamento inferius annota-tas. […] Cum ergo voluntatis nostre sit quod predicti libri sint ad utilitatem in147 mandamus quod libri juris civilis qui reponutur in thesauro Bracharensi dentur Petro Johannis nepoti nostro canonico ejusdem et F. Suerii nepoti nostro thesaurario et148 Martino Egee archidiacono Colimbriensi hoc modo quod si in simul concurrerint et voluerint ire ad studium et audire jus civile et addicere per eosdem predicti libri dividantur inter eos secundum quod dominus archiepiscopus et capitulum Bracharensis viderint expedi-re. […] Itaquod si dictus M. Egee vel aliquis de predictis per aliquem de dictis libris studere voluerit pre-stet captionem predictam hoc modo videlicet pro Decreto in centum libras, pro Decretalibus in centum et pro Rationibus in viginti et pro Suma in quadraginta et nichilominus prestet corporaliter juramento quod aliquo modo non <alienabit> aliquem de ipsis libris». Cf. M. r. B. Morujão (ed.), Testamenta

ecclesiae Portugaliae, cit., pp. 312-313; I. da rosa Pereira, Livros de direito da Idade Média.1, cit., pp.

13-14; M. j. a. Costa, Para a história da cultura jurídica, cit., p. 265.

33 Ringraziamo sentitamente Marc Smith per le osservazioni paleografiche che ci ha comunicato

su questo frammento (comunicazione scritta del 23 agosto 2017).

34 Ringraziamo vivamente Rosário Morujão e Pedro Pinto per averci trasmesso la lettura del

nome vergato nel frammento (comunicazioni scritte del 23 e del 30 agosto 2017).

35 Si veda M. Perani, «Codicum hebraicorum fragmenta», cit., pp. 55-56; id., «Morte e rinascita

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babile che verso il 1626 il manoscritto dal quale proviene il frammento in esame sia stato convertito in materiale da legatura di registri. Sempre nel margine inferiore della pagina scritta si legge, scritta a matita, la antica segnatura «Évora, nr. 418 (notarial

(fig. 1) che indicava il numero del registro notarile dal quale il frammento manoscrit -to è sta-to separa-to. Il registro al quale apparteneva in origine il nostro frammen-to è conservato attualmente nell’Arquivo Distrital di Évora e può essere identificato con

il registro, attualmente privo di legatura in pergamena, oggi contrassegnato dalla se-gnatura nº 422, facente parte del Cartório Notarial di questa città.36 In questo registro

sono trascritti atti di assoluzione, procura, quietanze, vendite, contratti di usufrutto, scioglimenti di contratti, obbligazioni, cauzioni, donazioni, acquisti e vendite,

con-tratti di affitti, giuramenti, datati dal 7 ottobre 1626 al 9 settembre 1631.37

Un altro interrogativo che ci si presenta, seguendo l’esempio di Mauro Perani, è quando i registri e i libri venivano rilegati con fogli manoscritti, se dopo essere stati scritti oppure prima di essere utilizzati e di ricevere la scrittura.38 Probabilmente

potevano verificarsi le due possibilità; uno studio sistematico congiunto sul territorio

portoghese dei registri e dei reperti frammentari manoscritti che ne costituivano la le-gatura permetterebbe di rispondere con maggiore precisione a questo quesito.

Il frammento doc. 97 Pasta 1 della Biblioteca di Évora tramanda alcuni canoni delle Quaestiones II, III, IV della Causa XX e alcuni canoni della Quaestio II della Causa XXII del Decreto di Graziano con glossa ordinaria e senza addizioni.39

La Causa XX, come è noto, è dedicata alle tematiche inerenti l’ingresso in mona-stero per quanto concerne la sincerità e la consapevolezza (libertà, volontarietà) della

vocazione, sia sotto il profilo dell’età in cui la professione dei voti è prestata, sia in

relazione alla libertà di scelta per la vestizione dell’abito religioso. La Quaestio II della Causa 20 disciplina la capacità di effettuare la professione religiosa e le sue conseguen-ze a seconda dell’età in cui è prestata (infanzia e pubertà) e se è compiuta liberamente o su costrizione (nel qual caso, raggiunta la pubertà ci si può sottrarre ai voti emessi su costrizione dei genitori durante l’infanzia). La Quaestio III della Causa XX tutela la libertà della professione religiosa: non è costretto a seguire i voti chi ha effettuato la professione su induzione altrui dolosa; chi invece ha prestato la propria professione per l’assunzione dell’abito religioso spontaneamente e con convinzione è costretto a segui-re i voti, anche se intende abbandonasegui-re l’abito (canoni 1, 2 e 3). Nella pars III (canone

36 Ringraziamo sentitamente il direttore Jorge Janeiro, tutta l’équipe dell’Arquivo Distrital di

Évora e Pedro Pinto per il prezioso aiuto fornitoci nella ricerca del registro (comunicazione scritta del 30 agosto 2017).

37 Una scheda catalografica del registro nr. 422 dell’Arquivo Distrital di Évora è disponibile

on-line nel sistema DigitArq al link: http://digitarq.adevr.arquivos.pt/details?id=998197 (ultimo acces-so: 31 agosto 2017).

38 Si veda M. Perani, «Codicum hebraicorum fragmenta», cit., p. 56; id., «Morte e rinascita dei

manoscritti ebraici», cit., paragrafo 1.7.

39 Ringraziamo molto Paola Maffei per averci trasmesso le sue osservazioni sul testo del Decreto

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V) Graziano afferma che, se qualcuno è stato indotto «con promesse illecite» a vestire l’abito religioso, da cui deriva anche la donazione all’ente religioso dei beni di colui che ha prestato i voti, la professione religiosa rimane valida, mentre i beni donati conte-stualmente alla professione ritornano agli eredi del soggetto interessato. La Quaestio IV della Causa XX disciplina il caso del religioso che intende trasferirsi in un altro mona-stero. Un monaco può lasciare il proprio monastero e trasferirsi in un altro ove si condu-ce, secondo la regola, un tipo di vita più rigoroso, anche se il proprio abate è contrario; il monaco non può trasferirsi se il motivo della sua decisione si basa su leggerezza,

superficialità o cupidigia o ragioni analoghe, e non per il desiderio di seguire uno stile

di vita più rigoroso (canone 1, nel dictum post Graziano estende il caso delle «vergini» ai monaci e ai chierici). Questo assetto (fondato sul pensiero di papa Urbano II e ripreso da Graziano) si inserisce nel generale divieto di abbandonare il monastero in cui ci si è incardinati al momento della professione religiosa; perciò si ammette il trasferimento solo nel caso si entri in un monastero la cui regola è più rigorosa rispetto all’attuale; in tal senso si tenga conto che l’ordine più rigoroso per lo stile di vita e gli obblighi imposti ai monaci era il certosino (Ordo cartusiensis, Ordre des chartreux, fondato da Bruno nel 1084). L’altro assetto di cui bisogna tenere conto è il dovere assoluto del monaco di ubbidire all’abate (implicato dai canoni 2 e 3 della Quaestio).

La Causa XX è dedicata al giuramento, alla liceità della sua prestazione e alle conseguenze dello spergiuro. La Quaestio II della Causa 22 si occupa delle conseguen-ze di un falso giuramento nella convinzione che ciò che si giura sia vero e si esclude che in tal caso si concretizzi un’ipotesi di spergiuro. Si tratta di un luogo importante per il tema della buona fede, dello spergiuro e del mendacio (utilizzato anche in sede didattica, secondo i regolamenti degli Studia medievali).40

Riportiamo qui di seguito la trascrizione delle rubriche presenti nel testo del frammento.

Doc. 97 Pasta 1 recto (B):

Usque ad annos XII paterne voluntatis puella subjacebit arbitrio (Causa XX –

Quaestio II – c. II)

[…] quaelibet sanctimoniali viduam aut puellam velare presumat (Causa XX –

Quaestio II – c. III)

Infantes oblati (Causa XX – Quaestio II – c. IV)

[Qui] religionum [habitum spontanee (?)] susceptum deferere [voluerit] ad

ip-sumredire cogatur (Causa XX – Quaestio III – c. II)

Semel in clero taxtati vel monasteriis deputati ad militiam non redeant. Rubrica

40 Ringraziamo sentitamente Maura Mordini per le informazioni che ci ha trasmesso relative al

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