• Nenhum resultado encontrado

Contributo alla scultura romana del tardo Settecento. Un ritratto inedito di Pio VI

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Share "Contributo alla scultura romana del tardo Settecento. Un ritratto inedito di Pio VI"

Copied!
6
0
0

Texto

(1)

Contributo alla scultura romana del tardo

Settecento. Un ritratto inedito di Pio VI

Teresa Leonor M. Vale

Nelle collezioni del Palácio Nacio-nal de Mafra, già dimora reale nei pressi di Lisbona, è conser vato un rilievo ovale in marmo bianco di Car-rara, raffigurante il papa Pio VI, certa-mente realizzato in Italia e databile agli anni 1775-1776 (inv. PNM 1758). Il rilievo non è firmato né documen-tato e l’autore non è sdocumen-tato finora iden-tificato. L’opera, collocata dapprima in un altro Palazzo Nazionale, il Palá-cio NaPalá-cional da Ajuda a Lisbona, passò in seguito nel Palácio das Necessidades, un’altra residenza reale della capitale portoghese, che dopo la proclamazione della Repubblica (5 ottobre 1910) fu usato come deposito per tante opere d’arte provenienti dalle dimore della famiglia reale. Dal Palácio das Necessidades il rilievo fu poi trasferito al palazzo di Mafra, dove giunse nel maggio 19491. Di questo rilievo non è finora mai stata data notizia nella bibliografia portoghese né in quella internazionale; si tratta dunque di un’opera inedita.

La presenza della scultura nelle collezioni reali portoghesi può essere dovuta a una commissione da parte dell’ambasciatore portoghese a Roma, per diffondere presso la Coro-na e la corte l’immagine del nuovo pontefice, oppure a un dono dal papa

al sovrano cattolico, come già si era verificato in altre occasioni nell’ambi-to dei rapporti tra il Pornell’ambi-togallo e la Santa Sede.

Nell’inventario del Palácio Nacio-nal de Mafra il rilievo compare sem-plicemente come “medaglione raffi-gurante un papa” (fig.1). L’identifica-zione del personaggio, rappresentato a mezzo busto e di profilo, oltre alla somiglianza dei tratti fisionomici che permette di riconoscerlo nell’icono-grafia pontificia, si basa su uno stem-ma, raffigurato sulla stola: un ele-mento determinante per il preciso e corretto riconoscimento del pontefice e anche per la datazione dell’opera, come più avanti si vedrà. Infatti sulla parte visibile della stola si riconosce un stemma senza dubbio pontificio, perché sovrastato dal triregno e delle chiavi di San Pietro; ma esso non era stato finora identificato poiché non corrisponde a nessuno degli stemmi papali resi noti dagli elenchi ufficiali. Tuttavia l’ arma araldica rappresenta-ta corrisponde a quella di papa Pio VI (nato conte Giovanni Angelo Bra-schi), che occupò la cattedra di San Pietro dal 1775 al 1799 e che nei pri-missimi tempi del suo pontificato si fregiò dell’insegna utilizzata durante il cardinalato, sovrastata dalle insegne

While investigating late- Baroque Roman sculptures in the Palàcio Nacional of Mafra (Lisbon) a white marble base-relief was discovered. It is a so far unknown papal depiction. The portrait at half-length may repre-sent Pio VI Braschi who was Pope from 1775-1799, as declared by the coat-of-arms of the Braschi family on the stole. The marble image comes from the royal Portuguese collection and was probably made for the court of Lisbon or commissioned by the Por-tuguese ambassador in Rome, or even given to the king by the same Pope. The style of the base-relief corresponds to those of Roman sculptures towards the end of the 18th century; there is a collection of marble portraits of Pio VI carved by artists working in Rome at the time ( Pietro Bracci, Ferdinando Lisandroni,Giuseppe Ceracchi, Gio-vanni Pierantoni, Nicola Valentini ) which allow us to insert the portrait at Mafra in the context of this pro-duction placing it at a time of transi-tion between the great Baroque depic-tion and the newly acquired moderate styles of the neo classic taste. The analysis of this sculpture due to the delicate and mellow effect of the Pio VI features makes it more similar to the style of Ferdinando Lisandroni.

Vescovo Giovan Battista Brivio alla Diocesi di Cremona, 1611, XLVIII, f. 443 (220 r); e nello stesso Archivio, Atti della visita pasto-rale del Cardinale Pietro Campori alla dio-cesi di Cremona, 1624, LVI, f. 124 (63 v). Parzialmente trascritto, in traduzione italia-na, in PLACCHI, Michelangelo Merisi detto il

Caravaggio, in “ La Vita Cattolica”, 1974, p.

9. Cinotti, 1983, pp. 236 – 237, 248; Berra, 2005, p. 395, Doc. 268 e Doc. 341 – 503 – 558; Macioce, 2010, p. 56 Doc. 278. (I edi-zione 2003).

(24) R. LONGHI, “Me pinxit” e “Quesiti

caravaggeschi”, 1928 – 1934, in Opere

com-plete, Firenze, 1968, IV. pp. 83 – 84. (25) M. CALVESI, La realtà del

Caravag-“Bollettino d’Arte del Ministero della Pub-blica Istruzione“, I, 1924 – 1925, pp. 402, 404, 410, 411.

(30) Ellero, 1996, p.16 – Battesimi – Registro 26 maggio 1540 – 01 giugno 1567. ( sMaP, R 19 [2] ), Cinque fascicoli sciolti , minute del registro precedente 16 luglio 1564 – 28 marzo 1570. (sMaP, R [2]. p.17 –

Matrimoni – Registro 1564 ottobre – [marzo] 1570. (sMaP, R 20 [2]. Registro [1571 – 1574: vacat]. p.18 – Defunti – Regi-stro 1540 luglio – maggio 1567. (sMaP, R 19 [2]. Registro [1568 – 1595: vacat ].

Un particolare ringraziamento è dovuto a Giacomo Berra.

gio, Torino, 1990, pp. 112 – 113.

(26) Berra, 2005, p. 407, Doc. 337; Berra , 2009, p. 51 n.22.

(27) Berra, 2009, p. 21 – 22.

(28) L’atto di Battesimo di Caravaggio è stato da me ritrovato il 14 febbraio 2007 presso l’ARCHIVIO STORICO DIOCESA-NO di Milano e segnalato a “ Il Sole – 24 Ore “. M. CARMINATI, Caravaggio da

Mila-no, in “Il Sole – 24 Ore”, 25 febbraio 2007,

p. 29.; G. Berra 2009, p. 20; S. Macioce, 2010, p. 23, Doc. 97; Pirami, 2010, p. 260. (29) F: REGGIORI, La Basilica di S.

(2)

papali del triregno e delle chiavi (fig.2). In seguito lo stemma fu sem-plificato, poichè risultava troppo complesso e di difficile riproduzione, utilizzando i soli elementi contenuti nello scudo centrale: i gigli piegati dal soffio del vento Borea2. La versione dello stemma di Giovanni Angelo Bra-schi come Pio VI, rappresentata nel rilievo, fu dunque utilizzata soltanto nei primissimi anni del suo pontifica-to3, mentre in seguito fu usata una versione più semplice, che si può osservare in molti diversi luoghi e sup-porti, tra i quali, ad esempio, impor-tante per la sua rilevanza, il monu-mentale soffitto lígneo della navata centrale della basilica romana de San Giovanni in Laterano (fig.3). Tenen-do conto di questi dati si può dunque affermare che il rilievo rappresenta Pio VI ed è stato realizzato in una data intorno agli anni 1775-1776. Una datazione più tarda sembra poco vero-simile poichè le arme pontificie furo-no rapidamente sostituite dalla versio-ne più semplice.

Giovanni Angelo Braschi nacque il 25 dicembre 1717 da una famiglia del-l’aristocrazia di Cesena, città degli Stati della Chiesa. Fu educato presso la Compagnia di Gesù e diventò dot-tore in legge nel 1734. Fu ordinato sacerdote soltanto a 38 anni di età. Nominato cardinale presbitero col titolo di Sant’ Onofrio nel 1773 da Clemente XIV, fu eletto papa il 22 feb-braio 1775. I primi anni del suo pon-tificato, a cui risale il rilievo di Mafra e anche uno dei più conosciuti e diffusi ritratti del pontefice, quello del pitto-re Pompeo Batoni (1708-1787), di cui

una copia coeva si può osservare nel palazzo che fu dimora romana dei Braschi, oggi sede del Museo di Roma4, furono tranquilli e propizi alla realizzazione di numerose opere per la città di Roma. Egli fu un munifico mecenate e in particolare favorì gli studi archeologici; chiamò a Roma Antonio Canova e Jacques - Louis David. Al suo pontificato si devono la riorganizzazione dei Musei Vaticani e innumerevoli interventi urbani, sia a livello delle infrastrutture di base, sia a quello della costruzioni di edifici, opere sempre contraddistinte dalla scritta “Munificentia Pii VI P.M.”, tutto-ra riconoscibile in tanti luoghi della città.

Il pontificato di Pio VI fu anche indelebilmente segnato dalla Rivolu-zione Francese e delle sua conseguen-ze. Nel 1796, l’esercito napoleonico invase la penisola, sconfiggendo l’e-sercito papale e occupando Ancona e Loreto, città degli Stati della Chiesa. Con l’obbiettivo di assicurare la pace, Pio VI dovette firmare il trattato di Tolentino (19 febbraio 1797) nel vano tentativo di fermare l’invasione di Roma dell’esercito francese, che, al comando del generale Berthier, marciò sulla città pontificia. Proclama-ta la Repubblica Romana (10 febbraio 1798), al papa fu imposta la rinunzia al potere temporale. Avendo rifiutato di aderire al volere dei francesi, Pio VI

1. Pio VI, 1775-1776, (particolare dello stemma), (Lisbona), Palácio Nacional.

2. Pio VI, particolare dello stemma, 1775-1776, Mafra (Lisbona), Palácio Nacional de Mafra.

3. Stemma di Pio VI, Roma, soffitto ligneo della navata centrale della basilica di S. Giovanni in Laterano.

1

(3)

fu preso prigioniero e trasportato prima a Siena, in seguito a Valence-sur-Rhône, destinazione finale del viaggio del “cittadino papa” come lo chiamavano i francesi. A Valence-sur-Rhône morì il 29 agosto 1799, a 81 anni di età. Nel gennaio 1800 Napo-leone autorizzò il trasporto delle sue spoglie a Roma; qui egli fu sepolto il 19 febbraio 1802, alla presenza di papa Pio VII5.

Lo stemma

Come già si è detto, lo stemma rappresentato a bassorilievo sulla stola di Pio VI rappresenta un dato impor-tante, non soltanto per la chiara iden-tificazione del personaggio ma anche per la datazione dell’opera stessa. La sua lettura araldica è costituita da uno scudo inquartato, nel primo e nel quarto d’oro, all’aquila bicipite di nero spiegata, coronata dello stesso;

nel secondo e nel terzo d’azzurro, alla fascia d’argento caricata di tre stelle d’oro e accompagnata da due gigli d’argento. Sul tutto uno scudet-to: di rosso al giglio con stelo e foglie, piantato su una pianura di verde, cur-vato dal soffio del vento Borea movente dal canto destro del capo, il tutto al naturale, col capo d’argento caricato di tre stelle d’oro. Questa versione dell’ arma di Giovanni Ange-lo Braschi fu presto sostituita da un’altra, più semplice e più facile da riprodurre in scultura e in pittura: di rosso, alla pianta di giglio fiorita e fogliata al naturale, piantata su di una pianura di verde, curvata dal soffio d’argento del vento Borea di carna-gione e movente dal cantone destro del capo; col capo d’argento caricato di tre stelle d’oro a otto punte6.

Un esempio di una tipologia Il rilievo del Palácio Nacional de Mafra è un tipico esemplare di una particolare tipologia ritrattistica: i rilievi, soprattutto quelli di formato ovale, raffiguranti Sommi Pontefici, sono infatti numerosi nell’ambito della produzione scultorea romana, per tutto il corso del Settecento. Esempio significativo di questa tipolo-gia è il rilievo raffigurante il papa Innocenzo XIII (Michelangelo Conti), che fa parte delle collezioni del Museo di Roma (fig.4)7e che è stato attribuito da alcuni studiosi al romano Pietro Bracci (1700-1773), da altri al fiorentino attivo a Roma Filip-po della Valle (1698-1768). Il rilievo col ritratto di questo papa fiorentino, che fu nunzio apostolico a Lisbona, è dotato di cornice e ci permette di ipo-tizzare come poteva essere (ma non sappiamo se sia mai stato incornicia-to) l’aspetto del rilievo di Mafra; sem-bra infatti poco probabile che l’opera fosse esposta in un interno (sacro o profano), senza un qualche tipo di guarnizione.

Altre rappresentazioni scultoree di Pio VI

Non sono molte le rappresentazio-ni scultoree di Pio VI tipologicamente simili a quella del Palácio Nacional de Mafra. Esistono però alcuni busti e un paio di ritratti a rilievo che meritano la nostra attenzione.

Pio VI, 1779, busto marmoreo di Ferdinando Lisandroni (1735-1811), Musei Vaticani (Galleria delle Statue, inv. 861)8(fig.5).

Una seconda versione di questo busto, realizzata dallo scultore su inca-rico del cardinale Guglielmo Pallotta

4. Pietro Bracci o Filippo Della Valle,

Innocenzo XIII, Roma, Museo di

Roma.

5. Ferdinando Lisandroni, Pio VI, 1779, Roma, Musei Vaticani.

6-7. Giuseppe Ceracchi, Pio VI, Roma, Museo di Roma.

5 4

7 6

(4)

(1727-1795), fu collocata negli appar-tamenti di questo porporato a Palazzo di Montecitorio e si trova oggi nella Sala dei Marmi della Galleria Nazio-nale d’Arte Antica a Palazzo Barberini (inv. 2573) (fig.6)9. Papa Braschi, raffi-gurato in entrambi i busti con la moz-zetta e la stola, si presenta con una espressione aperta e affabile, ma il secondo ritratto mostra nel modellato una maggiore finezza e uno sfumato più morbido per quanto riguarda l’e-secuzione tecnica della scultura10.

Pio VI, 1788, busto marmoreo di Giuseppe Ceracchi (1751-1801), 91 x 71 x 37 cm, Museo di Roma (inv. MR 45699) (fig.7)11.

Alla realizzazione del busto del Ceracchi faceva riferimento il “Gior-nale delle Belle Arti” del 24 maggio 1788 negli usuali termini encomiastici dell’epoca: “Un bellissimo busto in marmo bianco di Carrara è stato lavorato dello scultore Sig. Giuseppe Ceracchi dell’ot-timo Regnante Pontefice Pio VI. È questo scolpito con la maggiore diligenza, bravura e morbidezza, con la mozzetta e stola ponti-ficia, ed è tale che senza far torto ad alcuno gli intendenti lo hanno trovato il migliore di ogni altro fin qui eseguito.” 12. Il busto scolpito da Ceracchi nel 1788 non piacque tuttavia al committente Luigi Braschi, nipote del papa, che lo ven-dette all’elettore di Baviera Carlo Teo-doro13. Le tracce dell’opera si perdo-no durante la Seconda Guerra Mon-diale e la sua memoria sussiste soltan-to per mezzo di una fosoltan-tografia14.

Dipendono da questo prototipo altri due busti, uno datato 1790, che

fa parte delle collezioni della Galleria di Palazzo Bianco a Genova e fu ordi-nato da mons. Agresti, elemosiniere del pontefice, e un altro che si con-serva tuttora nel Palazzo Comunale di Terracina, che fu proprietà dei Braschi, e dove Pio VI si recava alme-no una volta all’analme-no15.

Visita di Pio VI alla sala delle Muse del Museo Pio-Clementino, 1782, bassori-lievo marmoreo di Giovanni Pieran-toni (1744-1817), 57 x 64,5 cm., Museo di Roma (inv. MR 41086) (fig.8).

Il rilievo, che documenta la visita del papa alla sala delle Muse del Museo Pio-Clementino, aveva come originaria destinazione il vestibolo del Collegio Germanico-Ungarico

(affidato ai Gesuiti dalla sua creazione e dal 1773, con la soppressione della Compagnia di Gesù, a sacerdoti seco-lari) sulla via della Scrofa. Il rilievo fu poi rimosso da questa ubicazione e passò a fare parte di una collezione privata in data non precisata16. È il Diario Ordinario del Chracas che ci permette di capire che l’opera faceva parte di una serie di rilievi che mostravano alcuni momenti impor-tanti del pontificato di Papa Braschi17. Nella scena il pontefice, raffigurato di profilo, viene accompagnato da Gio-vanni Battista Visconti, prefetto delle Antichità di Roma, che con un gesto eloquente gli mostra le opere custo-dite nella sala. Dietro il papa in secon-do piano si intravvede il figlio del pre-fetto, Ennio Quirino, che pochi anni dopo (1785) diventerà direttore del Museo Capitolino. Il rilevo esprime la maturità dell’artista più nella trattazio-ne dei pantrattazio-neggi che trattazio-nella resa della fisionomia dei personaggi.

Secondo le fonti, Pierantoni avreb-be anche realizzato un ritratto del papa in bassorilievo per i Musei Vati-8

9

8. Giovanni Pierantoni, Visita di Pio

VI alla Sala delle Muse del Museo Pio-Clementino, (par ticolare), 1782,

Roma, Museo di Roma.

9. Nicola Valentini, Pio VI, 1790, Roma, Museo Storico Nazionale del-l’Arte Sanitaria.

10. Pio VI, (particolare),1775-1777, Mafra (Lisbona), Palácio Nacional. 11. Pio VI, (particolare), 1775-1777, Mafra (Lisbona), Palácio Nacional. 12. Pio VI, (particolare), 1775-1777, Mafra (Lisbona), Palácio Nacional.

(5)

cani, e anche un busto, per il palazzo della famiglia Braschi a Terracina (1793).

Pio VI, 1790, bassorilievo in marmo bianco su sfondo di porfido di Nicola Valentini, Museo Storico Nazionale dell’Arte Sanitaria, Roma (fig.9).

Questo tondo, raffigurante Pio VI di profilo, potrebbe essere considera-to l’opera più vicina al rilievo di Mafra. Si tratta peró di un pezzo tipo-logicamente diverso, più sommario, destinato a indicare il patrocinio pon-tificio concesso allo spazio dove era collocato. Non dunque frutto di una committenza diplomatica o realizzato per un dono a un sovrano, come pro-babilmente è il caso del rilievo del Palácio Nacional de Mafra. Il tondo, oggi appartenente alle collezioni del Museo Storico Nazionale dell’Arte Sanitaria (dove si osserva sulla parete della scala principale dell’edificio), fu in effetti realizzato per segnalare il patrocinio pontificio concesso alla “spezeria” dell’ospedale romano di Santo Spirito in Sassia. Lo scultore, Nicola Valentini, rivelato dall’instanca-bile Chracas nel suo Diario Ordinario18, è un artista su cui quasi nulla si sa ancora, ma che si ritrova tra quegli scultori che a Roma erano attivi sia come autori di statue e rilievi, sia come restauratori di antichità (in par-ticolare per il Museo Pio-Clementino),

sia come commercianti di marmi19. Il contesto culturale e gli artisti Ritornando ora al ritratto di Pio VI del Palácio Nacional de Mafra, occorre prima di tutto analizzare la cultura figurativa della scultura a Roma nella seconda metà del Sette-cento, per poterlo inserire in questo contesto. Si tratta di un momento particolarmente complesso perchè di trasformazione, di cambiamento di paradigma, sia per quanto riguarda l’evoluzione stilistica della scultura

stessa, sia per quanto riguarda il ruolo dei scultori. In effetti gli scultori attivi nell’ultimo quarto del Settecento sono artisti di formazione tardobaroc-ca, che si trovano però a lavorare nel contesto dell’emergere di un nuovo gusto e dunque di un nuovo discorso stilistico: il neoclassico. Questa circo-stanza di transizione stilistica si accen-tuò anche per il fatto che molti di questi artisti furono spesso chiamati a realizzare restauri di sculture antiche, attività che essi svolsero non più sol-tanto per le collezione private delle famiglie dell’aristocrazia romana, ma soprattutto per lo stesso papa, per la sistemazione del Museo Pio-Clementi-no (1790-1796). Così le capacità pro-fessionali di questi artisti diventarono essenziali per il recupero delle opere da esporre nel Museo, e le richieste del papa moltiplicarono il numero di questi scultori-restauratori20. Questa situazione di transizione tra tardoba-rocco e neoclassico si esprime chiara-mente nell’opera di molti tra gli scul-tori attivi a Roma negli ultimi decenni del Settecento21.

Un altro aspetto rilevante da consi-derare è la relativa uniformità stilistica che caratterizza nell’ambito della pro-duzione scultorea determinate tipolo-gie, fra le quali i ritratti pontifici. Que-sta circoQue-stanza rende ancora più diffi-cile l’attribuzione delle opere in man-canza di un supporto documentale.

Tenendo presenti questi condizio-namenti, si può tuttavia cercare di accostare il ritratto scultoreo di Pio VI a Mafra alla produzione di alcuni tra questi scultori in attività a Roma nel-l’ultimo quarto del XVIII secolo, e in particolare a quelli che lavorarono nella più stretta cerchia della curia e 10

12 11

(6)

che realizzarono ritratti di papa Bra-schi. Tra questi artisti emergono Fer-dinando Lisandroni, Giuseppe Cerac-chi, Giovanni Pierantoni e il meno conosciuto Nicola Valentini, a cui si dovrà aggiungere Agostino Penna, autore della statua di Pio VI collocata nella sagrestia vaticana. Sia per ragio-ni cronologiche e per considerazioragio-ni sul percorso di questi scultori, ma soprattutto per i caratteri del linguag-gio scultoreo, si può proporre il nome di Ferdinando Lisandroni. Infatti le linee soavi e morbide dei panneggi e il particolare effetto di sfumato nella

trattazione della fisionomia, ricono-scibili anche negli altri busti pontifici del Lisandroni presenti nelle collezio-ni dei Musei Vaticacollezio-ni e della Galleria Nazionale d’Arte Antica ci permetto-no di avvicinare il rilievo di Mafra ad altre opere di questo artista (figg. 1, 2, 10, 11 e 12): questi caratteri stilisti-ci sono stati individuati come tipistilisti-ci del Lisandroni, in contrasto, ad epio, con la maniera più netta e sem-plice di Agostino Penna22.

Non si vuole però qui proporre decisamente un’attribuzione, poiché per ora la conoscenza della

produ-zione scultorea degli ultimi decenni del Settecento romano non è suffi-ciente per azzardare qualcosa di più di un accostamento, dal punto di vista della stretta analisi scultorea. Quello che invece ci sembra innegabi-le, è il valore e l’interesse artistico del ritratto scultoreo di Pio VI del Palácio Nacional de Mafra, che si vuole qui presentare all’attenzione degli studi sulla ritrattistica, sulla scultura del Set-tecento e sull’iconografia di papa Bra-schi: un’opera finora inedita che potrà fornire nuovi elementi per futu-ri approfondimenti.

(1) Come attesta una lettera in data 17 mag-gio 1949 del Direttore di Mafra, lo storico del-l’arte A.Ayres de Carvalho, Ringrazio di questa informazione l’attuale Direttore del Palácio Nacional da Ajuda, dott. José Alberto Ribeiro.

(2) Ringrazio il dott. Enzo Parrino, uno dei responsabili di Araldica Vaticana - www.araldicava-ticana.com, per i chiarimenti su questo soggetto.

(3) Il dott. Enzo Parrino lo colloca nei primi due anni del pontificato, mentre nell’o-pera del cardinale Jacques MARTIN, Heraldry

in the Vatican, (ed. a cura di P. Bander van

Duren), Gerrards Cross, Van Duren Publishers, 1987, p. 182, si afferma che questa versione fu adottata soltanto nei primi mesi. Però per la datazione del rilievo ci risulta plausibile consi-derare i primi due anni.

(4) Si tratta di un olio su tela del 1775 ( Museo di Roma, inv. MR 5669 ). R. LEONE - F. PIRANI - M. E. TITTONI - S. TOZZI, Il Museo di

Roma racconta la città, Roma, Gangemi Editore,

2002, pp. 28-29; il dipinto autografo del Batoni si conserva nella Galleria Sabauda di Torino ma esistono numerose altre copie, ad esempio nella Pinacoteca Vaticana, nella National Gal-lery of Ireland a Dublino, nella Reale Basilica di Superga a Torino.

(5) Per la biografia di Pio VI si devono con-sultare, tra altre, le seguenti opere, comincian-do dall’indispensabile L. von PASTOR, ed.con-sultata The History of the Popes from the close of the

Middle Ages, voll. 39 - 40, St. Louis, Herder,

1952-1953; D. SAMPSON, Pius VI and the French

Revo-lution , in “American Catholic Quarterly

Review”, XXXI, 1906; AAVV, Enciclopedia

Catto-lica, Vaticano, Libro Cattolico-Enciclopedia

Cat-tolica, 1948-1954.

(6) Per quanto riguarda l’araldica devo rin-graziare il contributo del collega prof. Miguel Metello Seixas e del dott. Enzo Parrino. Sullo stemma di Pio VI : D. L. GALBREATH, Papal

Heraldry, Cambridge, W. HEFFER & Sons, Ltd.,

1930, p. 103 e J. MARTIN, Heraldry in the

Vatican, cit., pp. 182-185.

(7) Museo di Roma, inv. RM 45603, 71 x 54 cm (109 x 79 cm con cornice).

(8) C. PIETRANGELI, Feridando Lisandroni

scultore romano, in “Strenna dei romanisti”, IL,

(17) L. A. CHRACAS, Diario Ordinario, n. 1.081 e n. 1.026, del 2 e del 30 ottobre 1784; sugli altri rilievi della serie: D. GERMANÒ,

Gio-vanni Pierantoni, Visita di Pio VI alla Sala delle Muse del Museo Pio-Clementino, in Leone - Pirani

- Tittoni - Tozzi 2002, p. 34.

(18) L. A. CHRACAS, n. 1.582, 27 febbraio 1790, p. 10; L. CARDILLI, (a cura di), Il Palazzo

del Commendatore di Santo Spirito, Roma,

Artemi-de, 1998, p. 144, cat. 97; R. VALERIANI, La

Spe-zeria di Santo Spirito in Sassia. Francesco Belli e i Cialli

in “ Antologia di Belle Arti. Studi sul Settecento” III, Nuova Serie, n. 63-66, 2003, pp. 100-113.

(19) C. PIVA, ‘The true estimation’ e ‘un certo

convenzionale valore’. Tutela e mercato delle sculture antiche a Roma alla fine del Settecento, in M.

MON-TELA, (a cura di), Il Capitale Culturale. Studies on

the Value of Cultural Heritage. Journal of the Depart-mente of Cultural Heritage, vol. 5 (2012), pp. 9-25.

(20) Su questi scultori - restauratori: R. CARLONI, Una società tra scultori romani del

Set-tecento. Gessi. Bozzetti, frammenti di Innocenzo Spi-nazzi nella bottega in comune con Gioacchino Fal-cioni, in E. DEBENEDETTI (a cura di), Studi sul Settecento romano, n.17 (Sculture romane del Settecento I. La professione dello scultore), Roma,

Bonsignori Editore, 2001, pp.95 – 121; M.B.GUERRIERI BORSOI, Gaspare Sibilla

scultore pontificio, in E. DEBENEDETTI (a cura

di), Studi sul Settecento romano, n.18 (Sculture

romane del Settecento II. La professione dello sculto-re), Roma, Bonsignori Editore, 2002, pp.151 –

189; R. CARLONI, Scultori e finanzieri “in

società” nella Roma di fine Settecento: gli esempi di Gioacchino Falcioni e Ferdinando Lisandroni, di Giovanni Antonio Berté e Gaspare Santini, in

Debenedetti (a cura di), 2002, pp.191 – 232. (21) Da quelli citati come autori dei ritratti di Pio VI ad altri artisti come Gaspare Sibilla (1723 ca. – 1782), Innocenzo Spinazzi (1726 – 1798), Agostino Penna, autore della statua monumentale di Pio VI nella sagrestia della basilica di san Pietro: Guerrieri Borsoi, 2001, pp.141 – 144.

(22) “ (…) nel busto (di Pio VI, dei Musei Vaticani) vi è qualcosa in più rispetto all’usuale nitore delle forme di Penna, una sorta di effet-to di morbido sfumaeffet-to, quasi un farsi diafano del marmo sotto le mani dell’artista”. Guerrieri Borsoi, 2001, p. 144.

1988, pp. 381 – 388 e M. B. GUERRIERI BOR-SOI, Tra invenzione e restauro: Agostino Penna, in E. DEBENEDETTI ( a cura di), Studi sul

Sette-cento Romano, n.17 (Sculture romane del SetteSette-cento. La professione dello scultore), Roma, Bonsignori

Editore, 2001, p. 144.

(9) La scultura è stata attribuita ad Agostino Penna (1728 – 1800) in Guerrieri Borsoi, 2001, pp. 137 – 182, in particolare p. 144.

(10) Come già notato da R. CARLONI,

Lisandroni, Ferdinando, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXV, Roma, Istituto

dell’Enciclo-pedia Italiana, 2005.

(11) L’opera entrò nelle collezioni del Museo di Roma soltanto nel 2000 con l’acqui-sto dal duca Theodoli Braschi; fu per la prima volta pubblicata da Leone – Pirani – Tittoni -Tozzi, 2002, p. 30.

(12) M. E. TITTONI, Giuseppe Ceracchi,

Busto di Pio VI, in Leone – Pirani – Tittoni

-Tozzi, 2002, p.30; su Giuseppe Ceracchi vi veda soprattutto G. I. MONTANARI, Della vita e delle

opere di Giuseppe Ceracchi, scultore romano, elogio storico, Rimini, Tipi Marsoner e Grandi (1841);

M. L. TITTONI, Giuseppe Ceracchi scultore

giacobi-no 1751 – 1801, Roma, Artemide Editore, 1989;

E. PETERS BOWRON - J. J. RISHEL (a cura di), Art in Rome in the Eighteenth Century, Filadel-fia, Merrell – Philadelphia Museum of Art, 2000, pp. 244 – 245.

(13) Montanari, cit. da Tittoni, 2002, p.30. (14) Pubblicata in Tittoni, 1989.

(15) Tittoni, 2002, p.30.

(16) Fu donato al Museo di Roma dall’anti-quario Michele Zoppo negli anni Settanta del Novecento. V. GOLZIO, Artisti sconosciuti o mal

noti nella Roma di Pio VI, in Amor di Roma, 1954,

pp. 187 – 193; C. PERICOLI RIDOLFINI, Una

visita di Pio VI alla sala delle Muse del Museo Pio – Clementino, in “Bollettino dei Musei Comunali

di Roma”, XXII, n.1 – 4, 1970, pp.17 – 23; C. PIETRANGELI, Lo scultore Giovanni Pierantoni e

un rilievo nel Museo di Roma, in “Bollettino dei

Musei Comunali di Roma”, XXII, n.1 – 4, 1975, pp. 33 – 39; C. PERICOLI RIDOLFINI, Guide

rionali di Roma. Rione VII. Sant’Eustachio, parte

Referências

Documentos relacionados

Visualização do efeito de ruído gaussiano utilizando a ferramenta Plot Profiledo ImageJ das Padrão de MOC, geradas da exposição do sistema particulado em presença de campo

A listagem dos classificados estará publicada no mural do Curso de Letras (Unipampa, campus Bagé, 1º andar, bloco II). §1º Serão disponibilizadas 30 vagas. §2º O

• Na área rural com rede de distribuição bifásica e trifásica de média tensão, permitem-se 1 (um) ocupante por faixa de compartilhamento para um vão máximo de

Hinterließt und fuhrt fort Und bliebt so weit entfernt Und bliebt so weit entfernt Schauend auf Eure Schöpfung Schauend auf Eure Schöpfung Mit Eurem Glanze der Liebe Mit

13 Assim, também este ilustre e insigne humanista, conhecedor de Damião de Góis e da sua obra, ornamenta a sua cosmografia com gravuras de acéfalos, cinocéfalos, ciclopedes ou

A: Schematic representation of FAT4 protein, its domains, interacting molecules and germline variant found represented by a green dot (missense variant); B: Somatic variants in

Tentamos demons- trar o processo arqueológico como uma prática de arquivo onde se constituem objetos de estudo que, enquanto objetos de compreen- são, podem ser elementos das

Inicialmente distribuída perante a 15ª Vara Cível do Foro Regional de Santo Amaro, foi reconhecida a incompetência daquele juízo (fl. Afirma que constituiu a