Lisa
Randall
Bussando alle porte del cielo.
L’Universo come non lo abbiamo mai conosciuto
tr. it. a cura di C. Piga,
Il Saggiatore, Milano 2012, pp. 464, € 22
«Siamo come sospesi, sull’orlo della
scoperta. Sono in corso esperimenti
entusiasmanti, nell’ambito
cosmologico come in quello della
fisica delle particelle, esperimenti
di grandissimo impegno. […] Più che
una revisione delle conoscenze
correnti, ci aspettiamo di arrivare
a scoprire cose che potrebbero
comportare già ora, nel XXI secolo, un paradigma interpretativo dell’architettura portante
dell’Universo radicalmente diverso:
una nuova concezione della struttura fondamentale, un superamento
delle concezioni attuali». Si apre così, con un corposo bagaglio
di aspettative, l’ultimo lavoro di Lisa Randall, Bussando alle
porte del cielo. Frutto di autorevolezza teorica e notevole
capacità narrativa, il testo offre a un pubblico di non addetti ai
lavori una panoramica ampia e dettagliata della storia, delle
caratteristiche e dei risultati teorici connessi a una delle più
straordinarie opere tecnologiche mai realizzate dall’umanità,
l’LHC (Large Handron Collider).
Il racconto della studiosa ha inizio in una data cruciale: il 4 luglio 2012. Quel giorno i portavoce dei due principali esperimenti condotti presso l’LHC, il CMS e l’ATLAS, comunicarono
la scoperta di una nuova particella, le cui caratteristiche
fisica delle particelle, nella misura in cui costituisce una
conferma del Modello Standard, «teoria che descrive i componenti
primi della materia e la loro interazione» (IIFN, Modello
Standard, www.mi.iifn.it) e scioglie uno dei suoi nodi insoluti,
quello relativo all’origine della massa delle particelle,
avvalorando l’esistenza in natura del meccanismo di Higgs, che
spiega la costituzione della massa delle particelle
compatibilmente al Modello Standard. Quello che a un primo sguardo
può apparire come un punto di arrivo, tuttavia, non esaurisce le
domande dei ricercatori. L’autrice chiarisce che «l’LHC non è
stato progettato per cercare una ben definita particella. Anzi, la
ricerca prosegue alla caccia di elementi ulteriori per andare
oltre il Modello Standard» (p. XXXV). Gli attuali risultati non
sono, quindi, che l’inizio di una storia ancora da scrivere. Le
prospettive dischiuse dall’LHC inducono a fare il punto della
situazione. Nel suo testo di ampio respiro, la studiosa illustra
le caratteristiche dell’impianto, annovera le questioni aperte cui
si cerca di rispondere attraverso le sperimentazioni e avvia una
riflessione sui presupposti metodologici della ricerca scientifica, che, alla luce degli ultimi risultati, svela tutta la sua attualità.
La tecnologia coinvolta nel Large Handron Collider detiene una
lunga lista di primati. «L’LHC […] è un’impresa meravigliosa» (p.
139), ribadisce Lisa Randall, senza eccedere in eufemismi. L’impianto genera collisioni simili a quelle che si produssero nel primo bilionesimo di secondo dopo il Bing Bang, è la macchina più
grande mai realizzata dall’uomo, il luogo dove si registra il
freddo più intenso dell’Universo e dove è stato prodotto il vuoto
più spinto mai realizzato. Le sue collisioni vantano l’energia più alta mai registrata sulla Terra (p. 141). L’autrice ribadisce che «i primati conseguiti dall’LHC sono il risultato di un impegno ai
La potenza dell’LHC desta non poche preoccupazioni sui rischi che
può comportare. Il più inquietante riguarda «la possibile
insorgenza di buchi neri di bassa energia, microscopici» (p. 177).
Il timore è che essi possano risucchiare tutto ciò che è presente
sulla Terra. A tale eventualità Lisa Randall dedica un folto
numero di pagine, scongiurando le ipotesi più allarmanti sulla
scorta degli studi di Stephen Hawking, che contemplano la
possibilità di un decadimento dei buchi neri (p. 182), e sulla
base delle osservazioni degli oggetti celesti, dove è possibile
attestare l’insorgenza di buchi neri la cui espansione è troppo
lenta per poter essere realmente pericolosa (p. 184).
L’ipotesi dei buchi neri, sebbene ampiamente scongiurata, induce a
una riflessione sulla valutazione dei rischi connessi alla ricerca
scientifica. L’autrice conviene sul fatto che la sperimentazione
debba evitare pericoli maggiori, sebbene per quelli tollerabili
sostiene che occorra fare un’attenta valutazione dei pro e dei
contro e ricorda che nel caso specifico dell’LHC i fisici «hanno
svolto indagini scientifiche serie per assicurarsi che non si
producesse alcun disastro» (p. 207). Il loro atteggiamento, sottolinea Lisa Randall, è stato aperto a tutti i punti di vista, anche profani (p. 208), tenendo conto di tutti i possibili scenari
che le attività del collisore avrebbero potuto comportare.
L’incertezza sugli esiti della sperimentazione riflette la
medesima indeterminatezza che caratterizza la nostra conoscenza dell’Universo, la quale solleva numerose questioni di metodo. «La scienza costituisce un corpo di conoscenze in evoluzione. Molte
idee attualmente oggetto di verifica si dimostrano sbagliate o
incomplete […] il nocciolo duro della conoscenza, quello che è
stato sottoposto a verifica e sul quale si nutre ragionevole fiducia, è sempre circondato da uno strato amorfo di incertezza, che le ricerche in corso si propongono di scandagliare» (p. 16).
Le conquiste conseguite dalla scienza aprono sempre nuovi
un altro. L’autrice sottolinea, per esempio, come la capacità
acquisita dai fisici delle particelle di indagare la composizione
dell’Universo abbia avuto effetti decisivi per la cosmologia,
settore disciplinare che ha visto la docente di Harvard impegnarsi
in una fervida attività di ricerca (Harvard University –
Department of Physics, Lisa Randall
http://www.physics.harvard.edu/people/facpages/randall.html). Gli
studi hanno mostrato che la materia visibile da sola contribuisce
soltanto per il 4% all’intera energia dell’Universo e hanno
portato alla conclusione che «circa il 23% dell’energia
dell’Universo risiede nella materia oscura e approssimativamente
un altro 73% del totale dell’energia risiede nella misteriosa
energia oscura» (p. 381). Questo mistero, insieme ad altri, apre
un orizzonte di ricerche che potrebbero confermare le ipotesi
finora avanzate oppure contribuire a delineare nuovi paradigmi
interpretativi.
L’indeterminazione entro cui la scienza si muove mette in luce il
ruolo decisivo che nella ricerca assumono l’immaginazione e la
creatività, capacità che, sostiene l’autrice, sono generalmente svalutate, perché considerate appannaggio esclusivo dell’espressione artistica (p. 412). Prendendo le distanze da tale
atteggiamento, Lisa Randall eleva la creatività a elemento
determinante per lo sviluppo della ricerca. Ben lontana da essere
una pura capacità intuitiva, la creatività comprende una lunga serie di competenze troppo spesso trascurate. I suoi risultati sono il frutto di un lavoro paziente e costante, d’impegno,
passione e fiducia per la bontà di un progetto, di un’innata
capacità di mettere a fuoco un problema e dell’apertura a
qualunque strada possa prospettare una soluzione (p. 413). Essere creativi vuol dire essere capaci di vedere le cose in grande, di avere una visione d’insieme senza tuttavia trascurare i dettagli,
significa porsi le domande giuste, fare collegamenti e pensare in
la creatività vuol dire coltivare l’attitudine all’ascolto e al
dialogo, la propensione a un confronto sempre aperto, teso a una
chiarificazione reciproca, al disvelamento di una verità che di
continuo si sottrae nella sua opacità. Attraverso l’immaginazione
diventa possibile elevarsi alla potenza e alla grandezza di una
natura che oltrepassa limiti dell’intelletto, facendosi traccia
del sublime. Proprio nella continua tensione verso ciò che
trascende la comprensione sensibile, nel duplice sentimento di
attrazione e repulsione ricondotto da Kant nella Critica del
giudizio al «giuoco soggettivo delle facoltà dell’animo
(immaginazione e ragione) come armonico nel loro contrasto», Lisa
Randall individua il motore dell’attività di ricerca (p. 54).
La spinta che alimenta il progresso scientifico è la stessa che
muove la ricerca religiosa e l’espressione artistica: «l’arte, la
scienza e la religione», afferma la studiosa, «ambiscono tutte a
farsi carico della nostra curiosità e di illuminarci ampliando il
campo della nostra conoscenza» (p. 55). Pur sottolineando le
differenze tra i tre orizzonti, l’autrice ne riconosce il dato
comune, quello di far fronte con le domande e la ricerca continua al velo d’incertezza che avvolge la conoscenza dell’uomo. In questa condizione di potenziale smarrimento, Lisa Randall
individua, nell’orizzonte della comprensione intellettuale,
elementi che fanno sperare in un rischiaramento. «Sotto molti
aspetti», afferma l’autrice, «l’Universo è sublime, suscita meraviglia, ma può anche intimidirci con la sua complessità, può anche farci paura. In ogni caso le sue parti si trovano in
relazione reciproca, con armonia meravigliosa» (p. 55).
Se il sublime muove la ricerca, il bello fa da guida: l’armonia
riscontrata in natura offre precisi criteri estetici che orientano la costruzione di teorie scientifiche. «L’ideale per i fisici sarebbe trovare una teoria semplice, in grado di dare una
spiegazione a tutte le osservazioni della natura, in base a un
fondamentali, quanto minore possibile» (p. 272). La bellezza,
l’eleganza e l’armonia assumono un ruolo cardine nella ricerca
scientifica, anche se, la studiosa avverte, non sempre tali
criteri estetici costituiscono una garanzia di successo: il mondo,
infatti, risponde solo in parte ai criteri di semplicità
richiesti. Pur essendo mossa dalla bellezza, la ricerca
scientifica si trova comunque a fare i conti con l’esperimento,
che decide quale tra le diverse idee possa essere corretta.
La conoscenza può imboccare strade inimmaginate, la teoria può
essere applicata in modi estranei alle aspettative. «Gli
esperimenti sono stati progettati e ottimizzati nella prospettiva
dei modelli esistenti, ma sono aperti anche all’individuazione di
più possibilità» (p. 287). Il metodo scientifico si alimenta
continuamente di nuove idee e, in luogo di un percorso lineare,
prospetta un viaggio da compiersi attraverso vie non ancora
tracciate. Nuove conoscenze si prospettano all’orizzonte, nuovi
inizi attendono la ricerca.
ANNA BALDINI
baldini.anna@gmail.com