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LA LINGUA CHE PARLIAMO INFLUENZA LA PERSONALITÀ E MODELLA IL CERVELLO di Elena Meli

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Academic year: 2021

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1 TEXTO 1

LA LINGUA CHE PARLIAMO INFLUENZA LA PERSONALITÀ E MODELLA IL CERVELLO di Elena Meli

La capacità di comunicare attraverso un linguaggio parlato e scritto, strutturato e complesso, è la caratteristica che più ci distingue dagli altri animali. Non solo: il linguaggio è in grado di “modellare” il nostro cervello, le convinzioni e gli atteggiamenti cambiando il modo di pensare e agire. Essere madrelingua inglese, cinese, o russo ha effetti diversi sull’architettura del pensiero, stando a un numero sempre più nutrito di studi. Succede perché ogni lingua pone l’accento su elementi diversi dell’esperienza, forgiando così un modo specifico di vedere il mondo.

In parte dipende dalle influenze culturali, come spiega Jubin Abutalebi, neurologo cognitivista e docente di neuropsicologia dell’Università San Raffaele di Milano: «La parola che indica uno stesso oggetto in lingue diverse può acquistare sfumature differenti, che dipendono dal substrato culturale specifico». In cinese “drago” rimanda non solo a un animale fantastico e pauroso ma soprattutto a un simbolo di fortuna, forza, saggezza: inevitabilmente un cinese “vedrà” in modo diverso da un occidentale perfino un essere del tutto irreale. Accadrà lo stesso a un bilingue: per un anglo-cinese il drago sarà meno spaventoso che per un inglese. «La visione culturale sottesa alle parole di lingue differenti può influenzare chi conosce più di un idioma — sottolinea Abutalebi —. Il cervello, dovendo processare lingue con una semantica varia, associa ai singoli concetti elementi tratti dai linguaggi che conosce. In genere poi chi padroneggia più lingue è più curioso nei confronti delle culture legate agli idiomi conosciuti e questo facilita una maggior apertura e una visione diversa delle cose. Il modo di pensare e relazionarsi col mondo rimane immutato solo se una lingua viene imposta, perché in questo caso si mette in atto una resistenza a qualsiasi “commistione” culturale».

L’influenza del linguaggio sul nostro Io è tuttavia ancora più profonda, con effetti sorprendenti perfino sulle decisioni coscienti: uno studio su PLOS One ha dimostrato che quando ci esprimiamo in una seconda lingua tendiamo ad avere meno remore morali. I partecipanti all’esperimento pubblicato su PLOS One infatti accettavano di sacrificare una persona per salvarne cinque - facendo una scelta “utilitaristica”- più spesso se veniva loro chiesto nella seconda lingua rispetto a quando dovevano esprimere il loro parere in madrelingua: in questo secondo caso prevaleva infatti il divieto morale a uccidere. «Un idioma che non sia appreso dalla nascita è meno influenzato dalle emozioni perché mentre lo si parla si deve esercitare un controllo cognitivo maggiore per “spegnere” la madrelingua, che resta il vettore della morale, dell’etica, dei sentimenti», commenta Abutalebi. Il linguaggio appreso in culla è anche quello che più modula la nostra struttura mentale.

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2 E la lingua può perfino modulare l’attitudine al risparmio come ha scoperto l’economista Keith Chen dell’Università di Los Angeles: i cinesi, che non hanno un tempo verbale preciso per indicare il futuro, hanno una propensione a mettere da parte i soldi del 30% maggiore rispetto a chi parla lingue più “definite” forse perché «identificare linguisticamente il futuro in modo distinto dal presente lo rende più lontano, motivando meno a risparmiare», ha spiegato Chen. Si è scoperto che pure indicare il genere delle parole incide sulla visione del mondo: uno studio su bambini ebrei e finlandesi ha rivelato che i primi si accorgono in media un anno prima di essere maschi o femmine anche perché la loro lingua assegna quasi sempre il genere alle parole, mentre in finlandese non accade. In alcuni casi gli effetti di un idioma sono ancora più curiosi: Lera Boroditsky, dell’Università di Stanford, ha verificato che nella lingua della tribù Piraha, in Amazzonia, non esistono lemmi per indicare i numeri ma solo i termini “pochi” o “tanti”. Risultato, i Piraha non sanno tenere conto di quantità esatte. Forse Shakespeare aveva torto: ciò che chiamiamo rosa non profumerebbe così tanto, se la chiamassimo con un altro nome.

Si dice che Carlo Magno abbia detto: «Conoscere una seconda lingua significa possedere una seconda anima». Ne era convinto anche il linguista americano Benjamin Lee Whorf che, nel 1940, postulò la teoria secondo cui il linguaggio plasma il cervello al punto che due persone con lingue differenti saranno sempre cognitivamente diverse. Tale tesi passò di moda con gli studi di Noam Chomsky, che negli anni ‘60 e ‘70 propose la teoria di una “grammatica universale”, ovvero basi generali comuni per tutti i tipi di linguaggio. A partire dagli anni ‘80, però, alcuni studiosi hanno iniziato a rivalutare Whorf, depurando la sua teoria dagli eccessi: così oggi sappiamo che, al di là di fondamenta concettuali simili, ogni linguaggio sottende una sua “visione del mondo” e la infonde, almeno in parte, in chi lo parla. Un esempio è il senso di colpa e di giustizia: in inglese se un vaso si rompe si sottende sempre la presenza (e quindi la responsabilità) di qualcuno, in spagnolo si tende a dire che il vaso si è rotto. Secondo alcuni proprio da questo dipende la tendenza anglosassone a punire chi trasgredisce le regole, più ancora che risarcire le vittime.

Fonte: Adaptado de Corriere della sera.

Disponível em: http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/16_febbraio_26/lingua-influenza-personalita-modella-cervello-95a1f04a-dc83-11e5-830b-84a2d58f9c6b.shtml. Acesso em: 29 fev 2016.

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3 RESPONDA ÀS QUESTÕES CONFORME INFORMAÇÕES CONTIDAS NO TEXTO.

QUESTÃO 1

Leia as frases abaixo e assinale a opção correta:

I. A nossa visão de mundo está profundamente condicionada pela língua que usamos para nos expressar; II. Independente do registro linguístico que utilizamos em nosso cotidiano, nosso cérebro já está moldado pela nossa língua materna;

III. O registro linguístico é que molda nosso cérebro na medida em que adquirimos mais domínio da língua materna;

IV. A língua materna influencia o comportamento humano;

V. Nosso cérebro sofre mudanças físicas quando aprendemos uma segunda língua.

(A) I e IV estão corretas; (B) I, III e IV estão corretas; (C) III e V estão corretas; (D) II, IV e V estão corretas.

QUESTÃO 2

De acordo com os exemplos citados no texto, a língua materna não está relacionada: (A) Ao sentimento;

(B) À aquisição de uma segunda língua; (C) Às noções matemáticas;

(D) À distinção de gênero. QUESTÃO 3

No trecho “... in inglese se(1) un vaso si(2) rompe si(3) sottende sempre la presenza (e quindi la responsabilità) di qualcuno, in spagnolo si(4) tende a dire che il vaso si(5) è rotto.” Podemos dizer que as palavras em destaque possuem a mesma função em:

(A) 2 e 5; (B) 1 e 4; (C) 2, 3, 4;

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4 QUESTÃO 4

De acordo com o texto, explique a suposta frase de Carlos Magno “Conoscere una seconda lingua significa possedere una seconda anima”, presente no último parágrafo.

De acordo com o texto, a suposta frase de Carlos Magno faz referência à assunção de outra cultura (ligada à segunda língua aprendida) que permite ao indivíduo uma nova maneira de ver e se relacionar com o mundo.

QUESTÃO 5

Qual a conclusão dos estudos publicados na PLOS One sobre a influência da linguagem sobre o indivíduo? Justifique.

A conclusão dos estudos é a de que a língua materna é o que mais molda a nossa estrutura mental. De acordo com o texto, as decisões conscientes tomadas na língua materna estão mais ligadas à emoção, à moral e à ética. O que não acontece com a segunda língua que tende a exercer um controle cognitivo sobre a língua materna.

Texto 2

INFERMIERA SÌ, INGEGNERA NO?

Cecilia Robustelli (Università di Modena)

La rappresentazione delle donne attraverso il linguaggio costituisce ormai da molti anni un argomento di riflessione per la comunità scientifica internazionale, ma anche per il mondo politico e, oggi, sempre più anche per quello economico. In Italia numerosi studi, a partire dal lavoro Il sessismo nella lingua italiana di Alma Sabatini, pubblicato nel 1987 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno messo in evidenza che la figura femminile viene spesso svilita dall’uso di un linguaggio stereotipato che ne dà un’immagine negativa, o quanto meno subalterna rispetto all’uomo. Inoltre, in italiano e in tutte le lingue che distinguono morfologicamente il genere grammaticale maschile e quello femminile (francese, spagnolo, tedesco, ecc.), la donna risulta spesso nascosta “dentro” il genere grammaticale maschile, che viene usato in riferimento a donne e uomini (gli spettatori, i cittadini, ecc.). Frequentissimo è anche l’uso della forma maschile anziché femminile per i titoli professionali e per i ruoli istituzionali riferiti alle donne: sindaco e non sindaca, chirurgo e non chirurga, ingegnere e non ingegnera, ecc.

Forti richiami a rivedere questa tradizione androcentrica sono arrivati da diversi settori della società, dall’accademia e dalle istituzioni di molti paesi europei, per esempio dalla Confederazione Svizzera - dove l’italiano è tra le lingue ufficiali - che ha pubblicato recentemente una Guida al pari trattamento linguistico di donna e uomo nei testi ufficiali della Confederazione (2012). In Italia la Direttiva Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche ha rinnovato qualche anno fa (2007) la raccomandazione a usare in tutti i documenti di lavoro un linguaggio non discriminante e ad avviare percorsi formativi sulla cultura di genere come presupposto per attuare una politica di promozione delle pari opportunità. Molte amministrazioni hanno aderito a questo invito e la

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5 stessa Accademia della Crusca ha collaborato con il Comune di Firenze al progetto Genere&linguaggio e alla pubblicazione delle prime Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo. Ma sia nella comunicazione istituzionale sia in quella quotidiana le resistenze ad adattare il linguaggio alla nuova realtà sociale sono ancora forti e così, per esempio, donne ormai diventate professioniste acclamate e prestigiose, salite ai posti più alti delle gerarchie politiche e istituzionali, vengono definite con titoli di genere grammaticale maschile: il ministro Elsa Fornero, il magistrato Ilda Bocassini, l’avvocato Giulia Bongiorno, il rettore Stefania Giannini.

Qual è la ragione di questo atteggiamento linguistico? Le risposte più frequenti adducono l’incertezza di fronte all’uso di forme femminili nuove rispetto a quelle tradizionali maschili (è il caso di ingegnera), la presunta bruttezza delle nuove forme (ministra proprio non piace!), o la convinzione che la forma maschile possa essere usata tranquillamente anche in riferimento alle donne. Ma non è vero, perché maestra, infermiera, modella, cuoca, nuotatrice, ecc. non suscitano alcuna obiezione: anzi, nessuno definirebbe mai Federica Pellegrini nuotatore. Le resistenze all’uso del genere grammaticale femminile per molti titoli professionali o ruoli istituzionali ricoperti da donne sembrano poggiare su ragioni di tipo linguistico, ma in realtà sono, celatamente, di tipo culturale; mentre le ragioni di chi lo sostiene sono apertamente culturali e, al tempo stesso, fondatamente linguistiche.

I meccanismi di assegnazione e di accordo di genere giocano un ruolo importante nello scambio comunicativo e meriterebbero di essere conosciuti anche al di fuori della cerchia accademica per fugare la convinzione, diffusa, che usare certe forme femminili rappresenti solo una moda. Molti ricorderanno il recente diverbio sorto in una riunione in Prefettura (a Napoli) perché un cittadino chiamava signora (essendo incerto sul termine prefetta!), invece che protocollarmente prefetto, la titolare di questa carica in una provincia vicina.

Un uso più consapevole della lingua contribuisce a una più adeguata rappresentazione pubblica del ruolo della donna nella società, a una sua effettiva presenza nella cittadinanza e a realizzare quel salto di qualità nel modo di vedere la donna che anche la politica chiede oggi alla società italiana. È indispensabile che alle donne sia riconosciuto pienamente il loro ruolo perché possano così far parte a pieno titolo del mondo lavorativo e partecipare ai processi decisionali del paese. E il linguaggio è uno strumento indispensabile per attuare questo processo: quindi, perché tanta resistenza a usarlo in modo più rispettoso e funzionale a valorizzare la soggettività femminile?

Fonte: Accademia della Crusca

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6 RESPONDA ÀS QUESTÕES CONFORME INFORMAÇÕES CONTIDAS NO TEXTO.

QUESTÃO 6

O assunto geral do texto é:

(A) A forma como a representação das mulheres através da linguagem tem impactos na ciência, política e economia;

(B) A maior incidência de palavras do gênero masculino na língua italiana o que leva ao sexismo; (C) O fato de a figura feminina ser, muitas vezes, degradada pelo uso da linguagem estereotipada que lhe confere certa subordinação em relação ao homem;

(D) Os numerosos estudos sobre sexismo que surgiram na Itália após a publicação do trabalho de Alma Sabatini, Il sessismo nella Lingua Italiana, publicado em 1987.

QUESTÃO 7

Leia as seguintes afirmações:

I. Em todas as línguas onde ocorre a distinção de gênero entre masculino e feminino o uso do plural é considerado sexista.

II. Em todas as línguas onde ocorre a distinção de gênero entre masculino e feminino o masculino sobrepõe o feminino.

III. Um exemplo de sexismo presente na língua italiana é a predominância do uso do gênero masculino no que se refere às qualificações profissionais.

IV. A Suíça, que possui o italiano como língua oficial, foi o primeiro país a promover uma iniciativa não discriminatória da linguagem.

V. O uso consciente da língua pode contribuir significativamente para o papel da mulher na sociedade.

Segundo o texto, estão corretas: (A) I, II e III;

(B) I, III e IV; (C) II, III e V; (D) II, IV e V.

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7 QUESTÃO 8

Na frase: “Inoltre, in italiano e in tutte le lingue che distinguono morfologicamente il genere grammaticale maschile e quello femminile (francese, spagnolo, tedesco, ecc.)” [...]. A palavra em destaque expressa: (A) condição; (B) oposição; (C) causa; (D) adição. QUESTÃO 9

As iniciativas promovidas pela Itália com vistas a suscitar um uso não discriminatório da linguagem no setor administrativo (trabalho) fez com que ocorressem mudanças no uso da língua? Justifique.

Apesar de os esforços de muitas instituições e da criação de uma norma de conduta que estabelece medidas para implementar a igualdade entre homens e mulheres na administração pública, existe ainda uma grande resistência em adaptar a linguagem à nova realidade social. Tanto no setor institucional quanto nas relações quotidiana, mulheres bem sucedidas, que atingiram altos cargos políticos e institucionais continuam, ainda, utilizando títulos profissionais do gênero masculino como, por exemplo, nas palavras “o ministro”, “o magistrado” e “ o reitor”.

QUESTÃO 10

Segundo o texto, por que existe uma resistência ao uso do gênero gramatical feminino em relação aos títulos profissionais.

Embora o uso do gênero gramatical masculino em relação aos títulos profissionais pareça ser de ordem linguística, são na verdade, culturais. Os indivíduos acabam mascarando o preconceito utilizando a forma masculina que é a variante outorgada pela gramática normativa.

Referências

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